lunedì 30 marzo 2009

Senza l’amore

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Senza l’amore
non si costruiscono cattedrali.
Puoi avere l’oro
puoi avere la scienza
puoi avere lo scranno
dell’imperatore
ma senza l’amore
non riuscirai a gettare
nemmeno le fondamenta.


E scivoleranno
come sabbia tra le dita
i pilastri e le murature.
E cadranno
come carte da gioco
gli architravi.
Come paglia bruceranno
le tue impalcature.


E se non hai l’acqua
della fonte dell’anima
non iniziare nemmeno.



Mara Bagatella 16/06/2008

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Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

domenica 29 marzo 2009

Valentina e Ivan

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Ivan è il gatto giallo.
Valentina, invece, è l'autrice di questa piccola opera d'arte. All'epoca in cui l'ha disegnata aveva cinque anni. Questa immagine riesce a mettermi di buon umore, anche in una giornata piovosa come quella di oggi. Mi sembra di poter vedere Valentina e il gatto Ivan che giocano insieme sotto uno scintillante arcobaleno... ecco come dovrebbe essere l'infanzia: una parentesi di vita spensierata e luminosa, un luogo privilegiato dove poter trovare rifugio per tutta la vita, nei momenti più difficili. Purtroppo non sempre è così... Un'infanzia felice è un dono, troppo spesso dato per scontato.

Ho scelto questa immagine per dare il benvenuto a delle nuove lettrici speciali: Gloria, Caterina, Alice... e chissà, forse si aggiungerà qualche altro alla lista! Mi raccomando, ragazzi, fate attenzione quando navigate su Internet...


mercoledì 25 marzo 2009

La Fata del Sonno

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La Fata del Sonno (versione 2) - illustrazione di Giovanna Gazzi - tecnica mista su carta


Quando si è giù di morale fanno bene i complimenti, più di un’iniezione di vitamine. Però trovare qualcuno che te ne faccia non è così facile. A scuola ci viene detto spesso che i “rinforzi positivi” fanno miracoli, con gli allievi svogliati, ed è vero. Ma agli insegnanti, i “rinforzi positivi” chi glieli dà?
Adoro ricevere complimenti, nonostante sia stata educata a diffidarne; purtroppo, pur essendo molto sensibile alle lodi, mi capita di non farci caso per pura distrazione… oppure di metterci del tempo a capire che qualcuno mi sta facendo un complimento sul serio…

Tempo fa, oramai saranno passati un paio d’anni, Giovanna mi stava raccontando al telefono delle ultime illustrazioni che aveva realizzato.
Doveva partecipare ad una mostra il cui tema erano le Fate, così lei aveva scelto di illustrare le fate della fiaba “La Bella addormentata nel bosco”.
Per chi non se la ricorda, la fiaba inizia con una festa di Battesimo. È nata una Principessa e tutte le Fate del regno vengono invitate a fare da madrine: ognuna di loro quindi, fa un dono alla bambina: la Bellezza, l’Intelligenza, la Bontà e così via… finché succede l’imprevisto: una delle Fate, che non era stata invitata, irrompe nel bel mezzo della festa e, per vendicarsi, lancia una maledizione…
A sedici anni la Principessa si pungerà il dito con il fuso e morirà…
“Così” mi racconta Giovanna “ho pensato di ritrarre tutte le mie amiche come Fate: una sarà la fata della Bellezza, un’altra quella dell’Intelligenza, eccetera… mi sono ispirata al carattere di ognuna di loro”
“Caspita, che bella idea!” le rispondo “davvero fantastica! E io, che Fata sono?”
“La Fata del Sonno”



“Ah…”

Caspita, la prima cosa che ho pensato è stata: “ Vabbè che sono una che dorme tanto… non sono particolarmente bella, e nemmeno una grande intellettuale, ma…”

“La Fata del Sonno è quella che salva la Principessa…” mi precisa Giovanna.
“… è quella che tramuta la maledizione, e trasforma la Morte in un Sonno che durerà cent’anni”

Mi aveva dato il ruolo più importante e non me n’ero nemmeno resa conto.

Meno male che le mie amiche sono persone pazienti, perché certe volte più che una Fata sembro la Bella addormentata senza il “Bella” davanti…


Precisazione: l’immagine a commento di questo post non è la prima versione de “La Fata del Sonno” ma la seconda, che Giovanna ha rifatto appositamente per me e che ora fa bella mostra di sé alla parete di camera mia… è un’immagine alla quale vorrei assomigliare di più.

lunedì 23 marzo 2009

Dal profondo

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La prossima serie di poesie che intendo pubblicare è molto più recente de “La Primavera a febbraio”, ed è anche molto più breve.
Quando raggruppo una serie di poesie sotto lo stesso titolo è perché riesco a vederci dentro un filo conduttore comune, e in questo caso credo che sia la “dimensione verticale”.
Verticale verso il basso, come il baratro sul quale si affaccia la ninfa Eco o come il pozzo biblico della Samaritana; verticale verso l’alto come le cattedrali gotiche o le torri d’avorio a cui si guarda in attesa di un imminente crollo.
Crolli e cadute.
Vertigini, in un modo o nell’altro.
Temute o desiderate, ma comunque sentite come eventi inevitabili.


Non cercate di capirle, ma piuttosto di comprenderle: forse allora vi diranno più di ciò che io stessa ho scritto.


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Dov’è andata?
Ho perso la mia voce
chi l’ha udita?
ero là, sulla vetta
affacciata sulla valle profonda
e cantavo.


È successo all’improvviso
come un filo di perle
che si rompe
all’improvviso
una ad una
sono cadute
nel baratro
tutte
le mie
parole
una
ad
una.
E non ho sentito più
nessun rumore.








Mara Bagatella - Canti dal profondo
8 luglio 2008



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venerdì 20 marzo 2009

La Primavera… davvero

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foto di Mara Bagatella - 1992

La Primavera a febbraio – postfazione

Pubblicare tutte le poesie de “La Primavera a febbraio” prima che la Primavera arrivasse veramente, è uno dei motivi che mi ha spinto ad aprire questo Blog.
Le avrei pubblicate tutte di seguito una dopo l’altra se non avessi temuto di annoiare chi legge (so che molti di voi le avevano già lette, sul Blog di Massimiliano o anche prima).

Non vi so spiegare il motivo di tutta questa fretta, a otto anni di distanza dal momento in cui le ho scritte; ho sentito all’improvviso che me ne dovevo liberare, soffiarle via dalle mie mani e lasciarle libere… quale luogo migliore della rete virtuale del Web?
Erano rimaste troppo a lungo nei miei cassetti.
La persona per la quale le ho scritte non sa nulla della loro esistenza, e comunque oramai non ha più importanza, dato che io non so più nulla di lui.

Ci sono tante cose di cui vorrei liberarmi, assieme alle poesie. Dei sentimenti che mi hanno spinta a scriverle, per esempio. Ogni cosa che scrivo, disegno o dipingo è il tentativo di gettare fuori da me stessa ciò che provo… ma mi sono accorta che l’atto creativo da solo non basta, ci vuole anche la condivisione con gli altri, il confronto con il mondo esterno… e può volerci molto tempo.

Ora che ho fatto questa cosa posso tirare un sospiro di sollievo, almeno momentaneo.
Non pensate che sia finita qui… Ho ancora molte altre poesie con cui tediarvi.

Ma oggi ho la sensazione che l’arrivo della Primavera, quella autentica, sia davvero alle porte.

Finalmente.
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giovedì 19 marzo 2009

San Giuseppe

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Oggi è il 19 marzo, San Giuseppe, festa del papà (auguri).
Vi siete ricordati di potare la salvia? Io non ho un gran pollice verde, ma da quando vivo da sola, cerco di coltivarmi sul terrazzino almeno le aromatiche: salvia, rosmarino, prezzemolo, alloro… così l’anno scorso ho scoperto di aver commesso il grave errore di non potare la salvia il giorno di San Giuseppe… quest’anno, per stare sicura, ho chiamato la Franca, mia amica e consulente personale in orticoltura, e mi sono fatta spiegare per benino tutta la prassi: in realtà, mi ha spiegato, dopo che siamo entrati in luna calante, ogni giorno è buono.


La Franca è sempre stata brava in queste cose, e poi, da quando ha perso il lavoro da operaia, si è data alla vita contadina. D’accordo, ha la fortuna di avere un po’ di terra… ma non basta: la Franca ha anche la mentalità da contadina, e guardate che non è una cosa da poco.
Alzarsi ogni mattina alle sei, ricordarsi della luna giusta per seminare, potare, raccogliere, tenere gli animali sapendo che bisogna accudirli tutti i giorni, senza sabati e domeniche… quanta gente lo farebbe?
Credo ci voglia una certa propensione, forse anche genetica… anch’io sono nipote di contadini, da parte di madre, ma temo di aver preso da un altro ramo della famiglia…


I contadini che ho conosciuto nella mia vita sono tutti persone un po’ particolari.
Il più particolare di tutti, o forse solo quello che mi è rimasto più impresso, si chiama Fabio, è friulano e non so quanti anni abbia adesso, dev’essere piuttosto anziano ormai, è da tanto che non lo vedo.
L’ho conosciuto quando avevo sei anni. C’era stato il terremoto e i miei genitori avevano deciso di passare l’estate con un gruppo di alpini volontari a ricostruire case in Friuli.
Con un entusiasmo un po’ incosciente, decisero di portare anche me e mio fratello di quattro anni. Il viaggio, pigiati nella FIAT 500, non finiva mai… La famiglia presso la quale eravamo diretti era quella di Fabio, che prima del terremoto aveva una fattoria. Fabio volle che fosse ricostruita la stalla prima della casa.
Per me, che ero troppo piccola per rendermi conto della tragedia vissuta da quella gente, fu un’esperienza indimenticabile: giocavo tutto il giorno all’aperto, in un ambiente a mezza via tra una corte di campagna e un cantiere, e la sera imparavo a memoria le canzoni da taverna, che gli alpini cantavano dopo cena.
Non c’era affatto un’atmosfera cupa, del resto i friulani non sono gente che piange.
Fabio osservava me e mio fratello mentre giocavamo e rideva del mio modo di camminare, in punta di piedi, saltellando qua e là per evitare le pozzanghere.
Una sua battuta rimase proverbiale nella mia famiglia: un giorno disse a mio padre: “Tua figlia non sposerà un contadino, farà la ballerina!”





Vent’anni dopo decidemmo di tornare a trovarlo, con una automobile più comoda ed un fratello in più. Non c’eravamo più visti e mio padre non fece nemmeno una telefonata, per fargli una sorpresa. Quando arrivammo fui stupita nel constatare che lui e la moglie vivevano ancora nel prefabbricato di legno. La casa ricostruita dopo il terremoto, l’avevano lasciata ai figli.
Fabio non c’era, era nel campo col trattore. “Vado a chiamarlo” dissi io, e mi avviai per la stradina sterrata. Non mi ricordavo affatto la sua faccia, ma la cosa non aveva molta importanza perché nel suo campo non mi aspettavo di incontrare altri che lui.


“Fabio!” chiamai.
“Mara!” rispose “Sei diventata una ballerina?”


Rimasi esterrefatta. Mi aveva riconosciuta, dopo vent’anni, dal modo di camminare.


Più tardi ebbi modo di studiare che la memoria (e l’apprendimento) sono legati a fattori emotivi. Se leghi un ricordo ad un’emozione non lo dimentichi facilmente.
Sicuramente, un terremoto che ti ha portato via casa, lavoro, e le vite di svariati parenti e amici, è un evento in grado di fissare nella memoria anche particolari insignificanti, come la strana camminata saltellante di una bambina… ma la cosa più stupefacente di tutte è che mi ci sono voluti trent’anni, ma sono diventata una ballerina per davvero…


… e voi, ricordate almeno di potare la salvia…


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mercoledì 18 marzo 2009

Se tu

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"Zodiaco" - matita e carboncino su carta - Mara Bagatella 2001

Se tu mi prendessi come sono
non avresti bisogno di fiori dipinti
perché te ne porterei a mazzi
ogni giorno della tua vita.

Fasci di rose a maggio
spighe di grano a settembre
e nella bruma di gennaio
andrei a cercare il calicanto
che profuma i giardini d’inverno.

A novembre raccoglierei
mucchi di foglie colorate
e ci salterei in mezzo
giocando
come fanno i bambini.

A giugno conterei
tutti i papaveri rossi
che sbucano lungo la strada
e te li porterei in sogno
perché non appassissero.

E a luglio amore mio
quando la luce del sole è così bianca
da ferirti gli occhi
uscirei di casa
sfidando il meriggio
per prenderti i girasoli
e raccoglierne i semi
da conservare per tutto l’inverno.

Se tu venissi
a camminare in questa terra senza fiori
ogni seme nascosto desteresti
sole e pioggia
vi abiterebbero insieme
e come in un cerchio
nulla mancherebbe.


Mara Bagatella - 22/02/01

lunedì 16 marzo 2009

La luna

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"Luna e ramo" - tecnica mista su tela - Mara Bagatella 2005



È un lampione o la luna?
la luce a cui volto le spalle
comunque una guida
nel buio.




Mara Bagatella - 14/02/01

venerdì 13 marzo 2009

Pausa di riflessione

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"Cammello" - tecnica mista su carta - Mara Bagatella 2002
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Pausa di riflessione.
Spegnere la radio.
Sbattere i tappeti.
Riordinare la stanza.
Contare alla rovescia
i battiti del cuore.

Tre
Due
Uno
Partenza per un altro pianeta.

Galleggiare
nello spazio infinito
dell’oblio.

Perdersi
e cercare
nella mappa astrale dei ricordi
la pista carovaniera
la via più breve
per l’oasi
prima che finiscano
le scorte d’acqua.

Mara Bagatella - 19/02/01

giovedì 12 marzo 2009

Gli spazi vuoti

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Mio padre, anni fa, acquistò uno dei miei quadri; già la casa ne era piena, a dire il vero, ma quello me lo pagò “Perché voglio che sia di mia esclusiva proprietà”, disse.
Il soggetto era un bosco di betulle, e mi era venuto piuttosto bene… insomma, non per vantarmi, ma è uno dei miei quadri più riusciti, e nel salotto fa una bellissima figura.


Pochissimo tempo dopo, però, cominciarono le lamentele: “Potevi anche metterceli, due funghi, sotto quell’albero”, oppure: “potevi anche dipingere un bel cerbiatto che facesse capolino da dietro un cespuglio”, e la più bella di tutte: “Tu non mi dai mai retta, quando ti dico come andrebbe fatto un quadro”…


… e ci mancherebbe! Chi ha fatto l’Accademia, tu o io? Mi verrebbe da rispondere… invece sto zitta, tanto papà è fatto così, e non la capisce proprio la legge degli spazi vuoti.


In pittura, come in letteratura del resto, ma anche nella musica, i vuoti sono importanti quanto i pieni, le pause quanto i suoni.
In poesia è l’indeterminatezza del testo che dà al lettore lo spazio per entrare con i propri sentimenti a contatto con quelli dell’autore. Nei fumetti, ad esempio, gli “iati temporali” tra una vignetta e l’altra, sono colmati dal lettore in maniera quasi inconscia e, quando un autore è bravo, i lettori o gli spettatori “riempiono” i vuoti lasciati da ciò che non è scritto, dipinto, suonato, diventando essi stessi coautori dell’opera con la propria personale interpretazione.


Non si può dipingere tutto.


Se avessi dipinto i funghi sarebbero stati i “miei” funghi, se avessi dipinto il cerbiatto sarebbe stato il “mio” cerbiatto, non il tuo, papà…


… e scommettiamo che ci avresti trovato qualcosa da ridire?
:-)


(Sul linguaggio poetico/ letterario/ narrativo e le possibili interpretazioni da parte del lettore, un libro che consiglio è: “La mente a più dimensioni” di Jerome Bruner, Editori Laterza.)

mercoledì 11 marzo 2009

Un giorno dopo l'altro

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Un giorno
dopo
l’altro
questo sentimento sta cambiando
come cambiano le fasi della luna.

Ora scompare
come rugiada al mattino
ma io so che mi attende dietro l’angolo
come un ladro armato di coltello.

Buio.

Luce.

Di chi è quella mano
sull’interruttore?
Chi decide per me e per te
chi mette i segnali
lungo la strada?
Chi ha costruito questo labirinto
chi fa esperimenti su di noi?

Io
salirò sul colle più alto
e diritta sul ballatoio della torre
griderò
che voglio amarti
un giorno
dopo
l’altro
di mille amori diversi
come mille briciole di stelle.



Mara Bagatella - 14 febbraio 2001

martedì 10 marzo 2009

Ieri notte ho riletto Eliot

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T. S. Eliot - Nobel per la Letteratura 1948

Ieri notte ho riletto Eliot.
Ti ricordi la nebbia gialla
e i banchi verdi del liceo?
Ho frugato tra le rovine
ieri notte
unreal city
cercando
non so che cosa.
Ieri notte ti guardavo
eri al di là del vetro
di una porta di palazzo Zabarella.
Ed ero un’astronauta nello spazio buio
e tu un alieno
nella tua astronave.
Io ti guardavo dall’oblò
mentre mi passavano accanto
frammenti spogli
di universi vuoti.
Sono tornata a casa
con negli occhi
il mio riflesso
sul finestrino del treno.
Nient’altro che la mia faccia
sulla superficie di vetro
della notte.


Mara Bagatella - 20/02/01

lunedì 9 marzo 2009

Montale

...Eugenio Montale, Nobel per la Letteratura 1975

“scusa, mi puoi mandare il tuo indirizzo?”

Ci risiamo. L’sms è di Laura. È già la terza volta che perde l’indirizzo di casa mia… ecco che vuol dire nascere sotto il segno del Cancro, ascendente Pesci.
Fantasiosa, sognatrice, distratta… non è cambiata affatto da quando aveva dodici anni.
Quando fui trasferita alla scuola in cui insegno adesso, iniziò a scrivermi, e questo di per sé è un evento raro. Nella mia carriera mi è capitato soltanto due volte.
Ancora più straordinario è il fatto che la nostra corrispondenza duri ormai da cinque anni, pur se intervallata da lunghe pause. Per molti versi, Laura è una persona davvero speciale…

Solo che, da quando ho cambiato casa, un anno e mezzo fa, continua a perdere il mio indirizzo… e non parliamo di quello di posta elettronica, mai usato. Anche se ha diciassette anni, Laura è persino più “antica” di me e, a parte l’immancabile cellulare, credo non abbia una gran dimestichezza con la tecnologia.

No, questa volta non glielo scrivo, il mio indirizzo… devo escogitare qualcosa perché se lo ricordi.

“la via è il nome di un poeta italiano del Novecento, che ha vinto il Nobel per la Letteratura nel 1975”

Ecco, adesso sarà costretta a fare una piccola ricerca, magari su Internet, e il nome le resterà impresso per forza.

“Leopardi?”

E ti pareva… fare ricerche non è davvero il suo stile…

“ma studi a scuola o cosa? Ho detto del Novecento!”

“Pascoli?”

Oh, mamma…
In realtà, una ricerca la sta facendo… sta mettendo a soqquadro camera sua per ritrovare le buste delle mie vecchie lettere, e nel frattempo mi tempesta di sms.

“Dante?”

Stavolta perdo la pazienza. Non le rispondo neanche più.

Non è che io poi sappia tutto ‘sto granché su Eugenio Montale… quando sono venuta ad abitare qui, ho sentito il peso della mia ignoranza ed ho aperto la raccolta di sue poesie che avevo acquistato anni prima e mai letto per la solita “mancanza di tempo”.
Con mia delusione, quelle che ricordavo di aver letto a scuola, non c’erano neanche.

I bimbi sotto il cedro, funghi o muffe
vivi dopo l’acquata,
il puledrino in gabbia
con la scritta “mordace”
nafta a nubi, sospese
sui canali murati…
(da “”Argyll tour” – La bufera e altro)

Ma che roba è??? Una pagina dopo l’altra, quello che leggevo mi sembrava arabo.
Alla faccia dell’ermetismo! Da quando sono diventata così ottusa senza accorgermene? Oppure certi geni sono troppo geni per me… ma se gli hanno dato il Nobel, un motivo ci sarà…

Una poesia, due, tre, un’altra… dopo averne lette quasi una ventina senza capirci assolutamente nulla, stavo per gettare la spugna, quando all’improvviso ho letto questo:

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino…
(da Xenia II)

è stato come un clic. Un interruttore toccato da chissà quale dito invisibile. La solitudine immensa compressa in quei pochi versi è esplosa nella mia, l’ho sentita vicina, palpabile, vera.
E ho pianto.

Non potrò mai più dimenticarmene.

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domenica 8 marzo 2009

Lettera del Presidente di S.O.S. Infanzia Onlus

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Pubblico la lettera che mi è arrivata dal Presidente di questa Associazione che seguo da qualche anno. Anche se l'argomento è duro, spero che possa far riflettere chi la legge...

Si parla tanto oggi delle donne, come se bastasse un giorno all’anno per rendere giustizia ai tanti soprusi, alle violenze di ogni genere che questa società ancora maschilista continua a perpetuare a danno delle donne. Ma almeno una volta all’anno si dovrebbe essere sinceri, capire che ancora non si ha la consapevolezza dell’enormità del fenomeno della violenza a danno delle donne fin da quando queste sono in tenerissima età e che rimane ancora largamente sommerso. Purtroppo siamo oramai addomesticati e fagocitati dalla televisione, siamo all'interno della casa del grande fratello e tutti noi rischiamo di dimenticarci di chi ci sta accanto, delle tantissime bambine che nel mondo reale subiscono violenza, per occuparci dei piccoli problemi che ci sono dentro la "casa" e la casa è la televisione perchè tutto ciò che in televisione si vede, esiste, tutto ciò che non si vede, non esiste. L'emergenza nazionale sono gli stupri ad opera degli stranieri, è la vita della povera Eluana, ieri l'emergenza era il dover capire chi sono gli assassini di Meredith Kercher, l'altro ieri decidere se la signora Annamaria Franzoni aveva o no ucciso il suo bambino. Allora interroghiamoci pure su Eluana violentando il dolore di una famiglia già provata facendola diventare a sua insaputa protagonista di un reality show e dimentichiamoci del resto, di tutto il resto, delle bambine che vivono per le strade (circa 1.000.000 solo in Brasile) o nelle fogne di grandi città europee (più di 5.000 a Bucarest) o i bambini abbandonati che si nascondono come topi anche nella civilissima Europa (più di 500.000 in Russia). Dimentichiamoci dei monitoraggi svolti a Vicenza, a Treviso, a Milano, sulle violenze subite dalle bambine durante l’infanzia, in base ai quali mediamente il 15% dei nostri figli subisce violenza sessuale e la stragrande maggioranza sono di sesso femminile, dimentichiamoci delle grida di dolore che questa associazione raccoglie di donne ferite nel corpo e nell’anima alle quali nessuno ha saputo o ha voluto dare sostegno. Dimentichiamoci di tutto senza pensare alla dignità delle donne quotidianamente vilipesa e devastata dalla povertà, dalla violenza e dall'egoismo dell'uomo che preferisce giocare al grande fratello piuttosto che assumersi la responsabilità di impegnarsi per costruire una civiltà autenticamente solidale, rispettosa dei diritti delle donne fin da quando sono bambine.

Ma oggi desidero condividere con i lettori questa testimonianza di una ragazza, oggi ventenne, della sua esperienza con il padre che doveva proteggerla e difenderla.

Bambina anch'io, i miei ricordi partono dai quattro anni... per me la fortuna di vivere in una famiglia agiata, dei genitori cosiddetti perbene! Io ho passato il mio calvario e ricordando, o meglio, rielaborando ciò che avevo rimosso della mia infanzia, nella mia adolescenza ho fatto quel viaggio di andata e ritorno all'inferno. La mia dignità, il mio essere persona, i miei sacrosanti diritti sono stati violati da chi, per primo, doveva invece essere il mio modello di riferimento, mio padre. So che niente e nessuno mi ridarà mai la mia infanzia, la mia felicità, l'essere come gli altri, questo per me non sarà più possibile. Il danno è già stato fatto. Ed è per questo che scrivo questa mia testimonianza con la speranza che in futuro ci siano sempre più persone che si preoccupino che ciò non avvenga. Ne conosco altre nella mia situazione ma ci sentiamo come delle sopravissute. Forse dovremmo avere il coraggio di uscire allo scoperto, di parlare e d'essere d'esempio per tante altre vittime che potrebbero denunciare. Ma sentendo quanto accade a chi denuncia, al fatto che le vittime siano spesso ritenute poco credibili e poi anche se condannati gli autori di questo orrendo crimine non vanno quasi mai in galera, mi chiedo e vi chiedo: a cosa serve? Che giustizia ho avuto io quando l'ho riferito a mia madre e questa mi rispose" meglio che non ne parli con nessuno altrimenti sai che vergogna per la famiglia!" Come possiamo pretendere che polizia, psicologi, giudici e media capiscano quando i tuoi stessi familiari non comprendono? Comunque l'ideale credo sia avere diritto ad un'infanzia serena dove qualcuno pensi ai bambini per quello che sono, li difenda, li aiuti, li protegga. Secondo voi non è più importante prevenire piuttosto che curare? Prendersi cura dopo significa tamponare una ferita che nella migliore delle ipotesi lascierà una cicatrice indelebile per tutta la vita. A me interesserebbe poco o niente mettere in prigione mio padre, mi basterebbe essere riconosciuta per quello che sono, una vittima. Avrei solo bisogno che chi vive attorno me la pensasse come voi, chiederei solo che mia madre mi dicesse: si figlia mia hai ragione sei tu la vittima e tuo padre invece è un criminale che non merita di essere definito uomo. Chiedo troppo? Cosa fare per giungere a questo? Come sarà possibile dare ai futuri figli di questo mondo un genere umano capace di rispettare i bambini? Io lo so che per noi vittime non c'è una risposta razionale al "perchè", lo so non esiste una plausibile, ragionevole ed umana spiegazione al fatto che un padre violenti la propria figlia. Mi chiedo inoltre, possibile che giunta in quinta superiore la scuola abbia saputo offrirmi tante nozioni, dalla matematica all'italiano, dalla storia alla filosofia, ma per quanto riguarda i problemi che ci riguardano così da vicino la proposta formativa è giunta solo dal volontariato? Possibile che non si capisca quanto sia importante per noi giovani conoscere noi stessi, le problematiche dei minori e come uscirne, prima ancora di conoscere Platone o Dante?

Il mio augurio a tutte le donne è di ricevere oggi impegni di condivisione, di comprensione, di sostegno, di solidarietà. Le donne di questo mondo, fin da quando sono bambine hanno bisogno di trovare nel loro percorso uomini veri, altro che mimose!



Graziano Guerra

Presidente S.o.s. Infanzia Onlus

www.sosinfanzia.org

8 Marzo

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Mi ero data la regola di non pubblicare niente di domenica, ma oggi la infrango, primo perché le regole sono fatte appunto per essere infrante, secondo perché non posso ignorare la data dell’8 marzo.
La Giornata internazionale della donna sta subendo, come quasi tutte le feste, un processo di mistificazione consumistica.
I prezzi delle mimose vanno alle stelle e orde di donne impazzite riempiono i locali che offrono spettacoli di gusto discutibile.
Io, fino a qualche anno fa, l’8 marzo lo passavo con le amiche, si mangiava una pizza e si chiacchierava. Poi mi sono stufata. Uscire la sera lasciando volutamente a casa i miei amici maschi non mi piace, e per quanto riguarda i ritrovi “solo donne” ho istituito una nuova tradizione tutta mia: la cena delle Befane, il 6 gennaio… più autoironica e meno scontata.

Volevo fare invece una breve riflessione sul vero significato dell’8 marzo, dal momento che il raggiungimento della pari dignità tra uomo e donna in tutti i campi della vita, sia pubblica che privata, non mi sembra ancora un risultato raggiunto.

Non lo è perché ancora le donne non hanno coscienza di quale sia il loro vero valore e la loro vera forza, vanno ancora cercando una somiglianza con il mondo ed i modi maschili, trascurando, a mio parere, la strada davvero efficace, che è quella della complementarietà.
Non sto dicendo che sia sbagliato per una donna fare il pilota di Formula Uno o il maresciallo dei Carabinieri, se è questo che desidera… ciò che intendo è che le donne, tutte le donne, portano con sé un tipo di ricchezza che nella nostra società non viene né valorizzata, né rispettata.

È come se tutte noi possedessimo uno scrigno ricolmo di monete che nel paese in cui viviamo non hanno corso, una valuta straniera che non possiamo spendere. Se cominciassimo a scambiarcela, almeno tra di noi, questa moneta, cosa succederebbe?


Per concludere, una curiosità: in uno dei miei libri preferiti, “Calendario” di Alfredo Cattabiani, ho letto che:

“… è completamente falsa la leggenda che la Giornata internazionale della donna sia stata fissata in ricordo di 129 operaie che in quel giorno, nel 1908, sarebbero morte bruciate in un incendio di una fabbrica americana…”

perché:

“Furono la Prima Guerra Mondiale e la Rivoluzione bolscevica a imporre l’8 marzo. Il 23 febbraio 1917, a Pietroburgo […] operaie e mogli di soldati manifestarono per le vie chiedendo pane per i loro figli e il ritorno dei mariti dalle trincee. […] nella Russia zarista vigeva ancora il calendario giuliano, sfasato, rispetto a quello occidentale, il gregoriano, di 13 giorni: sicché il 23 febbraio corrispondeva in Occidente all’8 marzo, data che venne poi adottata universalmente.”

Sembra che in Italia, negli anni Cinquanta, non fossero particolarmente gradite le feste provenienti dall’Unione Sovietica, perciò nacquero le leggende sulle operaie statunitensi… così almeno dice l’autore del libro… non so a voi, ma a me scoprire di essere stata imbrogliata fino adesso sull’origine della Festa della donna, non ha fatto un bell’effetto…

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sabato 7 marzo 2009

Proverbio 2

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Il cuore di una donna non batte solo sotto il suo seno sinistro.

venerdì 6 marzo 2009

Una scatola vuota

...

Una scatola vuota
Un regalo non dato
Un sentimento non detto
Togliamo la spina
Soffochiamo il neonato
Nella culla.

È lo stesso.

Meglio un rimprovero aperto
Che un amore celato.


Mara Bagatella - 14/02/01

giovedì 5 marzo 2009

Reale e Virtuale

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In questo periodo sto rimuginando molto sulla differenza tra ciò che riteniamo “reale”, tangibile, vero, e ciò che invece è “virtuale”, immaginario, inconsistente.
Sembra facile tracciare i confini tra le due cose, ma non sempre è così. Sarà colpa di Internet?

Mi trovo spesso a discutere con persone che la pensano in modo molto diverso su come sia cambiato il modo di intendere i rapporti umani grazie a questo mezzo tecnologico.
C’è chi ne ha la massima fiducia e lo ritiene indispensabile per diffondere notizie e mantenere i contatti con chi è fisicamente lontano; al contrario, c’è anche chi ne fa allegramente a meno, chi non ha la minima idea della differenza tra “sito Internet” e “posta elettronica”, e per finire chi prova brividi di raccapriccio alla sola idea di mettere intermediari elettronici tra sé e le persone con le quali vuole comunicare.

Tra queste due opinioni estreme, io mi trovo nel mezzo, ma non esattamente a metà strada… direi piuttosto che ho continue oscillazioni da una parte all’altra. Mi piace Internet, lo uso, ma sempre con una punta di diffidenza.

Ad esempio, aprire questo Blog, questo “spazio virtuale”, per me è stata la reazione alla chiusura di un luogo concreto, una stanza vera, avete presente? Con mura, soffitto, impianto di riscaldamento, elettricità.
Scaffali, tavoli, sedie.
Finestre.

La “Casa sulle zampe di gallina” è una compensazione. Virtuale al posto di reale. Ma non è la stessa cosa…

La mia stanza vera mi manca, mi manca da morire. Anche se pubblicare le mie poesie sul Web e leggere i commenti che mi vengono lasciati è entusiasmante, anche se l’obiettivo di tenermi occupata, di distrarmi, e anche di trovare una nuova forma di comunicazione è raggiunto, io mi sento comunque malissimo.

Perché? sto esplorando questo sentimento già da un po’. È negativo, ma mi incuriosisce.

La comunicazione tramite Web è potente, ma mutila. È come una grande mente senza corpo, perciò a tanta gente non piace, la sente fredda e distante, e io non riesco a dare loro torto.
La mente, quando è libera dal corpo, si può permettere voli più alti, scatti, salti da un argomento all’altro, da un Paese all’altro… con Internet, se voglio, posso spostarmi dall’Italia al Brasile in pochi secondi, mentre una semplice lettera di carta, tappezzata di francobolli, ci mette un mese.

Ma ci fa bene tutta questa velocità?

Siamo noi ad usare Internet, o è Internet ad usare noi? Perché tutti quelli che mi parlano di Facebook se ne lamentano ma nessuno si disiscrive?
Perché diventa sentimentalmente più intrigante passare due ore a chattare piuttosto che sedersi assieme alla stessa tavola e mangiare lo stesso cibo?

Tra ciò che facciamo realmente e ciò che immaginiamo soltanto, tra questi due mondi, la nostra anima si muove serpeggiando, come un punto di domanda.
La perfezione risiede nel Mondo delle Idee, diceva Platone, la materia è ingannevole.

Da un pezzo sono convinta che Platone si sbagliasse di grosso.

Il corpo ha una sua saggezza e una sua “intelligenza” alle quali faremmo bene a dare ascolto. Ho dovuto spesso arrendermi di fronte all’evidenza che se il corpo rallentava o frenava i voli della mia immaginazione, aveva i suoi buoni, anzi, ottimi motivi.

Recentemente ho letto il bellissimo libro di Philip Pullman, la trilogia “Queste oscure materie”; mi ha colpito molto il modo in cui l’autore descrive il legame fortissimo che esiste tra l’anima e il corpo, e l’invidia degli Angeli verso gli esseri umani, per la loro capacità di provare sensazioni fisiche.

E alla fine mi sono chiesta: chissà se Platone si sarebbe iscritto a Facebook…
...


Comunque, una cosa concreta e positiva, l'ho fatta... ho finalmente fatto incorniciare e appeso le illustrazioni di Giovanna.
Sono bellissime, e guardarle è come prendere una medicina contro la tristezza.

mercoledì 4 marzo 2009

Vattene in fretta

...

vattene in fretta
prima che questo quaderno sia riempito.
non voglio sognarti stanotte.
vattene prima
che finisca l’inchiostro nella penna
prima che spunti l’alba.
togliti di torno
lasciami essere arrabbiata.
vattene come il gesso dalla lavagna
come l’acqua dallo scarico della vasca.
non tornare
come non torna il tempo….

ma
se
rimani
come la nebbia al mattino
che sfuma i contorni
resta
seduto al capezzale del mio letto
perché sono malata
ed ho bisogno di fantasmi
non lasciarmi
senza una parola
senza speranze ne’ sogni
mettimi in pausa
trattieni il respiro

ci sto pensando

Mara Bagatella 11/02/01

martedì 3 marzo 2009

Sei in anticipo

...

Sei in anticipo
amore mio
non sono ancora pronta.
Non ho infilato le calze
messo il rossetto
non ho ancora cominciato a pettinarmi.
Mi dispiace
mi vedi cosi
in disordine…
Avrei voluto essere bella
essere perfetta
invece no.
Sei arrivato
come la Primavera
a febbraio
e so che non è
normale.
Tra pochissimo
sarà di nuovo freddo
e una gelata
ucciderà tutti questi incauti germogli.
Non è ora
ma sei già qui
cosa posso fare?
So già che stai pensando
di tornare indietro
e far terminare
in fretta
questo tempo ingannevole.

Mara Bagatella 10/02/01

lunedì 2 marzo 2009

Arthur Rackham (1867-1939)

...



Immagino davvero questo Blog come una “casa”, uno spazio mio dove possa entrare chi vuole, dove posso invitare chi voglio. Nella sezione “Ospiti”, perciò, incontrerete man mano le persone che mi piacciono, artisti che ho studiato, gente che ho incontrato, di persona o sui libri, e che mi hanno insegnato qualcosa. Non aspettatevi però di leggere qui la loro biografia o l’elenco delle loro opere. Cercherò piuttosto di spiegare quali emozioni hanno suscitato in me, e perché il conoscerli ha contribuito ad arricchire la mia anima.

Inauguro questa sezione con uno degli illustratori più amati del liberty.
Rackham ha influenzato molto il mio modo di intendere l’illustrazione e il disegno. Ancora oggi, se devo immaginare una fata o una strega, la mia mente ne disegna i contorni con il segno di Rackham, e le colora delle evanescenti sfumature dei suoi acquerelli.
L’ho conosciuto tardi e, ahimè, l’ho abbandonato presto… troppo perfetto, incantevole, inarrivabile. Nella stessa tavola Rackham riesce a mettere insieme, in un equilibrio ammirevole, intrichi angoscianti e visi eterei, grovigli neri di forme ed ampi spazi aperti, artigli e sorrisi.

Ero al quarto anno di Accademia quando acquistai un libro in cui erano state pubblicate alcune sue illustrazioni: “Fiabe popolari inglesi raccontate da Katharine Briggs”, edizioni Einaudi. In seguito acquistai anche una versione di “Alice nel Paese delle Meraviglie” illustrata da Rackham. Erano gli anni in cui mi nutrivo di immagini e i confini del mio mondo erano costituiti da sottili e neri tratti di china…
Mi è rimasto qualcosa di lui nel disegnare i rami contorti invernali e le radici degli alberi, e alcuni segni ripresi dalla sintesi apparentemente sbrigativa che metteva nelle sue illustrazioni in bianco e nero. Ma le sue illustrazioni sono allo stesso tempo troppo lievi e troppo dense per essere imitate, anche solo per motivi di studio, da una pittrice impulsiva e rabbiosa come sono io…
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