sabato 31 marzo 2012

MANIFESTI DI PROPAGANDA (1933 – propaganda nazista contro gli ebrei)

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LETTURA DI UN’IMMAGINE: IL MANIFESTO DI PROPAGANDA

Questa esercitazione di lettura dell’immagine è stata da me realizzata come lezione per ragazzi di III media (Scuola Secondaria di I grado) prendendo spunto da alcune immagini tratte dall’Enciclopedia “I grandi pittori” dell’Istituto Geografico De Agostini (1998). Nel corso degli anni è stata più volte modificata e ampliata, con l’aggiunta recente di alcuni grafici per la comprensione della composizione delle immagini. La sua pubblicazione su Internet permette inoltre l’aggiunta di link ad alcuni siti per ulteriori approfondimenti.
Essa ha l’obiettivo di far capire agli alunni i meccanismi psicologici utilizzati dalla propaganda per convincere le persone a comportarsi in un determinato modo o a prendere determinate decisioni.
È un esempio di come due discipline come Arte e Immagine e Storia siano strettamente collegate.

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Oltre ai comunisti, erano gli Ebrei a venire indicati dai nazisti come la causa di tutti i mali della Germania.
I semi di questa propaganda razzista avrebbero più tardi generato la tragedia dell’Olocausto.

ANALISI DELL’IMMAGINE
Il manifesto reca la scritta: ”L’ebreo errante” (l’ebreo errante è una figura leggendaria della mitologia cristiana, che rappresenta metaforicamente la diaspora del popolo ebraico) con caratteri che imitano l’alfabeto ebraico. 


esempi di segnali di pericolo in giallo e nero
I colori prevalenti sul manifesto sono il giallo e il nero, un abbinamento dal valore fortemente simbolico, ancora oggi usato nella segnaletica che indica pericolo: il giallo e il nero sono infatti due colori che in natura si trovano su animali velenosi come le vespe e le api.
Il personaggio del manifesto, rappresentato come un vecchio dall’aspetto sgradevole, reca con sé due simboli eloquenti: delle monete in una mano (gli ebrei venivano rappresentati come un popolo avido di denaro) e sotto il braccio quella che veniva presentata come la sua vera terra d’origine: la Russia comunista, marchiata con il simbolo della falce e martello.

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giovedì 29 marzo 2012

The love song of J. Alfred Prufrock (parte III) - ripubblicazioni -

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Non conosco che una manciata di poesie... o forse m'inganno, poichè non conosco nemmeno quelle.
Ogni volta che rileggo "The love song of  J. Alfred Prufrock" ci trovo dentro qualcosa di nuovo.
Ci sarà tempo... tempo per me, tempo per te, ci sarà tempo per trovare il coraggio di porsi certe domande... non oggi... aspettiamo ancora un po'... diamoci tempo... 
Ma in questo modo non si fa altro che morire lentamente, come dice quell'altra bella poesia (Lentamente muore, di Martha Medeiros).
Ad allontanare a tutti i costi il pensiero della morte, si ottiene l'effetto opposto. Ed è per questo che tanta gente non vuol crescere. I cambiamenti fanno paura, fa paura abbandonare la confortevole inconsapevolezza dell'infanzia, la leggera sconsideratezza dell'adolescenza, è angosciante caricarsi delle responsabilità della vita adulta, perchè la crescita porta inevitabilmente verso un traguardo, oltre il quale non sappiamo cosa ci sia.


Ripubblico la terza parte delle mie riflessioni su "The love song", e vi invito a cercare il post originale, perchè è corredato da un bellissimo commento di Neurasia.
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And indeed there will be time
For the yellow smoke that slides along the street,

Rubbing its back upon the window-panes;

There will be time, there will be time

To prepare a face to meet the faces that you meet;

There will be time to murder and create,

And time for all the works and days of hands

That lift and drop a question on your plate;

Time for you and time for me,

And time yet for a hundred indecisions,

And for a hundred visions and revisions,

Before the taking of a toast and tea.



In the room the women come and go Talking of Michelangelo.


E di sicuro ci sarà tempo
Per il fumo giallo che scivola lungo la strada

Strofinando la schiena contro i vetri;
Ci sarà tempo, ci sarà tempo
Per prepararti una faccia per incontrare le facce che incontri;
Ci sarà tempo per uccidere e creare,
E tempo per tutte le opere e i giorni delle mani
Che sollevano e lasciano cadere una domanda sul tuo piatto; Tempo per te e tempo per me,
E tempo anche per cento indecisioni,

E per cento visioni e revisioni,

Prima di prendere un tè col pane abbrustolito.


Nella stanza le donne vanno e vengono

Parlando di Michelangelo.



The love song of J. Alfred Prufrock - by: T.S. Eliot (1888-1965)




Non l’ho compresa veramente, questa poesia, la prima volta che la studiai al Liceo, né sono sicura di averla compresa ora. Eppure mi piacque subito, come quando ci si innamora con il “colpo di fulmine”. Succede, che una persona ti piaccia al primo sguardo, e pensi: ci sarà un perché.
Il mio “perché”, con Prufrock, credo fosse in quei due versi:


In the room the women come and go Talking of Michelangelo.


Capitava anche a me, di sentirmi assolutamente spersa e sola, in mezzo a gente che non badava a me, che andava e veniva, parlando d’altro, mentre io ero immersa nei pensieri labirintici, sommersi, spesso cupi, della mia adolescenza. Era il resto, che non capivo:


Ci sarà tempo, ci sarà tempo Per prepararti una faccia per incontrare le facce che incontri; […] Tempo per te e tempo per me, E tempo anche per cento indecisioni, E per cento visioni e revisioni, Prima di prendere un tè col pane abbrustolito.


Io invece non avevo tempo, avevo fretta. La fretta e l’urgenza dei miei diciotto anni, quando ti sembra che tutto debba finire da un momento all’altro e non sai nemmeno cosa sia quel “tutto”.
Non sono mai stata una persona indecisa, sapevo bene quello che avrei voluto fare, ma ero anche incastrata tra mille doveri e regole e paletti, e la lotta quotidiana contro tutto questo mi lasciava ben poche energie per preparare una faccia per incontrare le facce da incontrare…
Non avevo che la mia, e con quella cercavo di andare avanti.
No, il tormento di Prufrock non lo capivo davvero… come non si capisce davvero la persona della quale ci si innamora in un istante.
Si può amare qualcuno di cui non si riesce a comprendere che un frammento?
È forse questa la domanda lasciata cadere sul piatto?
No?

e qual è allora?


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mercoledì 28 marzo 2012

MANIFESTI DI PROPAGANDA (1914 - Campagna di reclutamento inglese I Guerra Mondiale) - 2

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(N°2)
AVVERTENZE:
Questa esercitazione di lettura dell’immagine è stata da me realizzata come lezione per ragazzi di III media (Scuola Secondaria di I grado) prendendo spunto da alcune immagini tratte dall’Enciclopedia “I grandi pittori” dell’Istituto Geografico De Agostini (1998). Nel corso degli anni è stata più volte modificata e ampliata, con l’aggiunta recente di alcuni grafici per la comprensione della composizione delle immagini. La sua pubblicazione su Internet permette inoltre l’aggiunta di link ad alcuni siti per ulteriori approfondimenti.
Essa ha l’obiettivo di far capire agli alunni i meccanismi psicologici utilizzati dalla propaganda per convincere le persone a comportarsi in un determinato modo o a prendere determinate decisioni.
È un esempio di come due discipline come Arte e Immagine e Storia siano strettamente collegate.

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Savile Lumley
Per commentare questo manifesto, sempre riguardante l’arruolamento dei volontari inglesi durante la I Guerra Mondiale, vi propongo le descrizioni guidate fatte da alcune mie alunne di III Media (oggi si chiama “Secondaria di I grado) nell’anno scolastico 2003/04. Sono molto efficaci ed immediate, ed alcune esprimono anche delle riflessioni personali piuttosto acute se si pensa che sono state scritte da persone di 13 anni
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Questo manifesto di propaganda ritrae un’allegra famigliola che passa una giornata festiva tutti insieme nel salotto di casa. Gli elementi che ricordano la guerra sono due: il libro illustrato sulla guerra e i soldatini in miniatura e il cannone giocattolo con cui il bambino sta giocando. Lo slogan, che è scritto in basso, dice: “Daddy, what did YOU do in the Great War?” e significa: “Papà, che cosa hai fatto tu nella Grande Guerra?”. Delle tre persone è la bambina con il libro che parla e dice questo. Secondo me, l’elemento usato per convincere le persone ad arruolarsi è lo slogan detto dalla bambina, perché nella figura il padre non sa cosa rispondere perché lui non c’è stato, in guerra. E la gente, per non avere questo “peso” o “rimorso” sulla coscienza, preferì andarci.
Lara, classe III, a. s. 2003-04
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La scena si svolge nel salotto di una casa inglese dei primi del Novecento. Gli elementi che esplicitamente ricordano la guerra sono i soldatini con cui sta giocando il bambino, ma dopo aver letto lo slogan che dice: “Papà, cosa hai fatto tu nella Grande Guerra?”, si può capire che il libro aperto sulle gambe della bambina è un libro di storia che parla della I° Guerra Mondiale. La frase dello slogan è pronunciata dalla bambina che sta leggendo il libro in braccio al padre. Gli elementi usati per convincere l’uomo ad arruolarsi sono, prima di tutto, il rimorso e la vergogna che proverà per non aver partecipato e quindi per non potere raccontare ai figli ciò che ha fatto durante la guerra. Questo è lo scopo del manifesto: convincere i giovani ad arruolarsi come volontari nell’esercito.
Lucia, classe III, anno scol. 2003-04
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La scena si svolge in un salotto.
Gli elementi che ricordano la guerra sono i soldatini con cui sta giocando il bambino (ed il libro che sta leggendo la
bambina in braccio al papà).
Lo slogan dice: - Papà, cosa hai fatto TU nella I Guerra Mondiale?-
La frase la pronuncia la bambina in braccio del papà.
Gli elementi usati per convincere la persona ad arruolarsi sono: un forte senso di rimorso per non aver partecipato
alla guerra, e poi, cosa dirà il padre a sua figlia quando gli chiederà cosa ha fatto in guerra se lui non c’è andato?
Chiara, classe III, anno scol. 2003-04....................................
La scena si svolge nel salotto di una casa inglese. I soldatini e il cannone con cui sta giocando il bambino e il libro che sta leggendo la bimba, ricordano la guerra. Lo slogan dice: - Papà, TU cosa hai fatto nella Grande Guerra?- La frase è pronunciata dalla bimba seduta sulle ginocchia del papà. Gli elementi usati per convincere la persona ad arruolarsi sono: la pessima figura che si farà di fronte ai propri figli quando ti chiederanno cosa hai fatto per il bene della patria, e il rimorso per non essersi battuti per la propria nazione.
Sofia, classe III, anno scol. 2003-04....................................
La scena si svolge in una casa inglese, il bambino ricorda la I Guerra Mondiale perché sta giocando con dei soldatini e un piccolo cannoncino; la bambina sta probabilmente leggendo un libro sulla Guerra e interroga suo padre e gli domanda: “Papà, cosa hai fatto TU nella Grande Guerra?”. L’uomo è pensoso perché probabilmente non ha fatto nulla e non si è arruolato. Secondo me la scena dà un notevole impatto psicologico perché i giovani, pensando all’umiliazione di non aver fatto nulla di fronte alle domande dei propri figli, si convinceranno a partecipare alla guerra e poter, un giorno, parlare ai propri figli delle grandi imprese che avevano compiuto.
Anna, classe III, anno scol. 2003-04....................................

martedì 27 marzo 2012

MANIFESTI DI PROPAGANDA (1914 - Campagna di reclutamento inglese I Guerra Mondiale) - 1

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(N°1)
AVVERTENZE:
Questa esercitazione di lettura dell’immagine è stata da me realizzata come lezione per ragazzi di III media (Scuola Secondaria di I grado) prendendo spunto da alcune immagini tratte dall’Enciclopedia “I grandi pittori” dell’Istituto Geografico De Agostini (1998). Nel corso degli anni è stata più volte modificata e ampliata, con l’aggiunta recente di alcuni grafici per la comprensione della composizione delle immagini. La sua pubblicazione su Internet permette inoltre l’aggiunta di link ad alcuni siti per ulteriori approfondimenti.
Essa ha l’obiettivo di far capire agli alunni i meccanismi psicologici utilizzati dalla propaganda per convincere le persone a comportarsi in un determinato modo o a prendere determinate decisioni.
È un esempio di come due discipline come Arte e Immagine e Storia siano strettamente collegate.


1914 - Campagna di reclutamento inglese I Guerra Mondiale

Alfred Leete, "Britons, Lord Kitchener wants You", 1914
  
Questo è uno dei più famosi manifesti diffusi durante i primi mesi della Grande Guerra dal comitato inglese di reclutamento. Il consiglio dei ministri, contrario alla leva obbligatoria, dovette puntare sull’arruolamento di volontari. Il fervore patriottico e la forza della propaganda condussero, solo nel primo mese del conflitto, al reclutamento di 500.000 volontari. Nel corso del successivo anno e mezzo, se ne aggiunsero altri 100.000, la maggior parte dei quali destinati a morire nel fango delle trincee.
Il manifesto deriva da un disegno di Alfred Leete, pubblicato nel 1914 sul settimanale inglese “London Opinion” e successivamente adottato dal Comitato Parlamentare di Reclutamento come manifesto di propaganda . 
In questo manifesto è usata una prospettiva esasperata per catturare l’attenzione. Il braccio fortemente scorciato e il dito puntato danno l’impressione che il personaggio raffigurato si rivolga personalmente a chi lo guarda, con un notevole impatto psicologico.
Lo slogan è abilmente costruito in maniera simile a un rebus, in cui il soggetto della frase è un’immagine anziché una parola.  L’uomo rappresentato è infatti Horatio Kitchener (Lord Kitchener) il ministro della guerra inglese, quindi la frase andrebbe letta in questo modo: “Britons, Lord Kitchener wants you. Join your country’s army! God save the king” (Britannici, Lord Kitchener vuole voi. Unitevi all’esercito del vostro Paese. Dio salvi il re). 


James Montgomery Flagg, "Uncle Sam wants you", 1917
L’efficacia di questo manifesto fu tale da essere ripreso nel 1917 da James Montgomery Flagg, autore del celebre manifesto di chiamata alle armi dell'esercito americano raffigurante lo Zio Sam. Questo manifesto fu ristampato nuovamente durante la II Guerra Mondiale, diventando uno dei manifesti più diffusi nella storia della pubblicità.





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lunedì 26 marzo 2012

Intervista con me stessa (10)

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Non mi importa saper scrivere bene
Ciò che mi interessa davvero 
è riuscire a farmi capire

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sabato 24 marzo 2012

"Tu mi sorridesti e mi parlasti di niente"

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Se avete un profilo su Facebook sarà capitato anche a voi di condividere un link. Questa mattina ne ho condiviso uno proveniente da una pagina che si chiama “Tra genio e follia”. Il link consisteva nell’abbinamento di una breve poesia di Tagore ad un’illustrazione molto graziosa, di cui non era riportato l’autore. Fortunatamente la mia amica Riyueren mi ha spiegato come si fa a risalire all’autore di un’immagine sperduta sul web… così ho scoperto che l’artista si chiama Lauren Mills, e che ha tanto di sito internet che potete visionare cliccando qui.

Illustrazione di Lauren Mills


La poesia invece è questa:
"Tu mi sorridesti
e mi parlasti di niente
e io mi accorsi
che era questo
che aspettavo da tempo"

(Tagore)
E io l’ho condivisa commentando:
“Anch'io aspetto questo da tempo...”

Da qui è scaturita una breve discussione con un’amica di Facebook, Lora Paolucci: le ho chiesto di poter pubblicare qui quello che ci siamo dette, perché mi dispiaceva che andasse perduto nei meandri del social network più dispersivo del web…


Lora: Cara Mara...non lo so cosa sia successo alla "gente", cosa ci abbia reso così difficili, riallacciandomi alla tua poesia...siamo in tanti ad aspettare,ma di fatto nulla di veramente grande arriva.


Mara: Secondo me non dovremmo aspettarci qualcosa di "grande" o pensare di dover dare a qualcuno più di quanto possiamo dare... stiamo sottovalutando il valore della quotidianità, della piccola cosa regalata ogni giorno... dei piccoli passi che a lungo andare fanno la strada. La poesia di Tagore dice "tu mi sorridesti e mi parlasti di niente"... non dice "tu per me scalasti l'Everest, o solcasti a nuoto i 7 Mari"... io sto aspettando qualcuno che mi ami di un piccolo ma costante amore ogni giorno, che sappia accettare che i sentimenti hanno le loro oscillazioni e i loro cicli, e che la media si fa sul lungo periodo. Sto aspettando qualcuno che con coraggio si sia guardato allo specchio per un periodo abbastanza lungo da saper distinguere tra la massa intricata dei propri sentimenti.... che se gli chiedo "mi ami?" sappia rispondermi "si" o "no" e non con un nebbioso "non so".


Lora: La costanza... quella sorta di continuità che ci aiuta quotidianamente a dar credito e credere, e il coraggio di guardarsi dentro e guardarti in faccia e dire ciò che è, merce in disuso... vero, io per prima rivesto di proiezioni e errate aspettative, ma il "non so" è la consuetudine. Cara Mara, mi rendi unicamente onorata se pubblichi qualcosa di mio, dispiacermi di essere ciò che sono e che penso, no, mai, è il mio punto di forza.
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Non volevo perderle, queste poche righe, scritte di fretta… perché ultimamente faccio molta fatica a tirare fuori le cose che sto rimuginando dentro di me, ci riesco solamente se ne parlo con qualcuno, dialogando, come ho fatto oggi.
Sia pure tra i meandri del social network più tentacolare e insidioso del web…

The love song of J. Alfred Prufrock (parte II) - ripubblicazioni -

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T.S. Eliot (1888-1965)

In the room the women come and go
Talking of Michelangelo.


The yellow fog that rubs its back upon the window-panes,
The yellow smoke that rubs its muzzle on the window-panes,
Licked its tongue into the corners of the evening,
Lingered upon the pools that stand in drains,
Let fall upon its back the soot that falls from chimneys,
Slipped by the terrace, made a sudden leap,
And seeing that it was a soft October night,
Curled once about the house, and fell asleep.


Quando lessi per la prima volta questa poesia ero in quinta Liceo Scientifico, e naturalmente ci rimasi malissimo quando mi resi conto che “Il canto d’amore…” non aveva nulla a che fare con l’amore, almeno per come lo intendevo io a 18 anni.
Un titolo incongruente. Un’introduzione tratta dalla Divina Commedia. Un inizio davvero poco incoraggiante… e poi… queste donne che vanno e vengono, parlando di Michelangelo… da dove vengono? E dove vanno?


Nella stanza le donne vanno e vengono
Parlando di Michelangelo.


La nebbia gialla che strofina la schiena contro i vetri,
Il fumo giallo che strofina il suo muso contro i vetri
Lambì con la sua lingua gli angoli della sera,
Indugiò sulle pozze stagnanti negli scoli,
Lasciò che gli cadesse sulla schiena la fuliggine che cade dai camini,
Scivolò sul terrazzo, spiccò un balzo improvviso,
E vedendo che era una soffice sera d'ottobre
S'arricciolò attorno alla casa, e si assopì.


Eppure è assolutamente straordinaria, questa descrizione che Eliot fa della nebbia, che si muove attorno alla casa come se fosse un gatto. Diventa viva, inquietante, pensante persino.


La nebbia la ricordo bene, al Liceo. Dall’inizio dell’autunno e per tutto l’inverno c’era la nebbia, in quella conca infernale in cui l’avevano costruito. Partivo da casa che c’era il sole, e quel cielo azzurro tagliente come una lama delle mattine d’inverno. Dopo cinque chilometri l’autobus ripiombava nella notte… e quando arrivava a scuola sembrava che la nebbia avesse preso casa lì, che aspettasse i liceali apposta, per creare una cortina tra la loro adolescenza e il mondo.


Era la parte che preferivo, “The yellow fog”, soprattutto per “gli angoli della sera” e la “soffice sera d’ottobre” .


Da un’immagine all’altra, anche Eliot sembra muoversi come un gatto: osserva una cosa, socchiude gli occhi gialli e poi… spicca un balzo improvviso e sembra parlare d’altro.
Invece è sempre lì, nella stessa stanza, e le stesse donne avanti e indietro, parlando di Michelangelo…


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mercoledì 21 marzo 2012

The love song of J. Alfred Prufrock (parte I) - ripubblicazione -

Ho deciso di ripubblicare anche i 10 post con cui, nel 2009, ho commentato la lunga poesia di un grandissimo autore: T. S. Eliot. Un lungo lavoro che mi ha messo nelle condizioni di guardare dentro me stessa, in profondità. Questo è l'effetto che produce la vera poesia sull'animo umano. Così come tutta la vera Arte. Diventa per noi uno specchio dal quale emergono frammenti di sè che non conosciamo, o prendiamo poco in considerazione, o dei quali addirittura, a volte abbiamo paura. 
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THE LOVE SONG OF J. ALFRED PRUFROCK

by: T.S. Eliot (1888-1965)



S'io credesse che mia risposta fosse A persona che mai tornasse al mondo,
Questa fiamma staria senza più scosse.
Ma perciocché giammai di questa fondo Non tornò vivo alcun, s'i' odo il vero,
Senza tema d'infamia ti rispondo.





Let us go then, you and I,
When the evening is spread out against the sky
Like a patient etherized upon a table;
Let us go, through certain half-deserted streets,
The muttering retreats
Of restless nights in one-night cheap hotels
And sawdust restaurants with oyster-shells:
Streets that follow like a tedious argument
Of insidious intent
To lead you to an overwhelming question ...
Oh, do not ask, "What is it?"


Let us go and make our visit.




Il canto d'amore di J. Alfred Prufrock (1917)

Allora andiamo, tu ed io,

Quando la sera si stende contro il cielo

Come un paziente eterizzato disteso su una tavola;

Andiamo, per certe strade semideserte,

Mormoranti ricoveri

Di notti senza riposo in alberghi di passo a poco prezzo

E ristoranti pieni di segatura e gusci d'ostriche;

Strade che si succedono come un tedioso argomento

Con l'insidioso proposito

Di condurti a domande che opprimono...

Oh, non chiedere « Cosa? »


Andiamo a fare la nostra visita.





Non chiedetemi perché mi piace Eliot, non ve lo saprei dire. Me l’hanno chiesto anche all’esame di Maturità al Liceo (e mi era stato detto: “te lo chiederanno, perché ti piace”) ed ho fatto la pessima figura di non saperlo spiegare, nemmeno parlando in italiano…
Anche all’Accademia di Belle Arti, ho fatto una pessima figura grazie ad Eliot: il lavoro di illustrazione di “The love song of J. Alfred Prufrock” è quasi sicuramente il più brutto di tutta la mia carriera di studentessa… eppure io amo questo autore, amo questa poesia e per illustrarla avevo messo tutto l’impegno possibile…


Il professore di Letteratura se ne accorse subito: chiuse il book che avevo preparato con tanta fatica durante l’estate e mi interrogò per oltre un’ora, su tutti gli autori che aveva spiegato durante l’anno… escluso T. S. Eliot.


Me ne uscii dall’aula con un trenta sul libretto, ma sconsolata e delusa: let us go then, you and I… perché amo tanto Eliot? Cos’è questa tensione che riesce a trasmettermi? Questa malinconia? E perché non riesco, io, pittrice, a tradurre in immagini queste, che sono immagini/ parole/ immagini, poesia visiva?


Streets that follow like a tedious argument
Of insidious intent
To lead you to an overwhelming question ... qual è la domanda opprimente?





Oh, do not ask, "What is it?"





(...continua)

martedì 20 marzo 2012

Equinozio

... Il 2012 è un anno bisestile, quindi l'equinozio di primavera cade un giorno prima, cioè oggi, 20 marzo. L'ho sentito stamattina alla radio, non pensiate che io sia così attenta al calendario, anche se dovrei!
Buona primavera a tutti!
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foto Mara Bagatella - marzo 2012
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foto Mara Bagatella - marzo 2012
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Foto Mara Bagatella - marzo 2012
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sabato 17 marzo 2012

Il poeta

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M. C. Hescher, Drawing Hands, 1948

Il poeta dev’essere ostinato
come il cane che scava in cerca d’ossa.
A setacciare parole
non sono buoni tutti:
il poeta dev’essere paziente.

Il poeta dev’essere pignolo
mentre osserva cadere goccia a goccia
il distillato dei suoi pensieri
nel vaso fragile della poesia.

E poi, alla fine, il poeta dev’essere distratto
e svagato, pure,
e noncurante
così da gettare ogni cosa
alle sue spalle
e lasciare che germoglino
parole
come sementi
nel ventre
del tempo.



Mara Bagatella, 6 febbraio 2012
Licenza Creative Commons
Questa opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

giovedì 15 marzo 2012

Qualcosa di meraviglioso

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Foto: Mara Bagatella
Non so voi, ma io ho spesso bisogno di segnali, nella mia vita. Un po' come quelli che si trovano lungo la strada, aiutano a capire se stiamo andando nel posto giusto, e se ci stiamo andando nella maniera corretta, accelerando quando si può e fermandosi quando si deve.
Da qualche anno ho adottato il sistema dei promemoria: cartelli che appendo alla porta di casa, per ricordarmi di qualcosa di importante, più importante della lista della spesa o degli impegni di lavoro... perchè sono proprio le cose più importanti, quelle che tendiamo a dimenticare più in fretta.
Il primo cartello che appesi alla mia porta di casa diceva così: 
"Promemoria: 
a quell'altro deve importare MOLTO"

(sottointeso: di me) era la primavera del 2009.
All'incirca un anno fa l'ho cambiato con un altro, che dice così:

"Non commettere i soliti, vecchi sbagli. 
Fanne di nuovi"

Entrambi mi sono stati molto utili. Ma adesso sento che devo cambiare di nuovo, perchè la mia vita è a una svolta importante. Cosa mettere? Ieri sera ci ho pensato attentamente.
Ho deciso di lasciare la scelta a ciò che io considero "l'Ente Superiore", la Forza Spirituale che guida le nostre vite, e nella quale credo ancora, nonostante io non mi reputi più da tempo una Cattolica, e del Cristianesimo abbia tenuto pochi, fondamentali concetti, come la Fratellanza, l'Amore Universale e il Perdono.
Il resto lo lascio a chi vuol crederci. Non critico nessuno e non voglio convincere nessuno. Ho avuto nella mia vita splendidi esempi di persone che vivono davvero il Vangelo nella propria quotidianità, con vera fede e convinzione. Non sopporto invece l'organizzazione della Chiesa Cattolica come ente, ma non è per questo che me ne sono allontanata. Ero critica verso certi comportamenti e prese di posizione anche prima di lasciarla.

No, il mio allontanamento è stato dovuto ad una vera crisi spirituale, che mi ha portato a pensare che l'Ente Superiore nel quale credo è troppo grande per essere ingabbiato in una religione. Non credo più che una religione sia meglio di un'altra, che un libro sia più sacro di un altro.
Ho una splendida amica profondamente credente, che trova grande conforto nella Bibbia, e la trovo una cosa bellissima.
Ma sono convinta che Quello che per convenzione chiamiamo Dio, può comunicare con noi in qualsiasi modo, se noi crediamo.
Così ieri sera ho preso in mano un romanzo, che a me piace molto, ho chiesto aiuto, un messaggio, una guida per questi nuovi giorni che sto affrontando, così difficili e importanti.
Ho aperto il libro a caso e ho letto: in quella pagina si parlava di una donna che, di fronte alla morte, ripensa alla sua vita: 
"... sentì [...] la tristezza per la fine di tutto questo e l'incrollabile fede che qualcosa, qualcosa di ineffabile ma meraviglioso, doveva ancora arrivare."
(Katerine Howe, Le figlie del libro perduto)

Chi conosce la mia situazione attuale potrà capire meglio;  questa frase è davvero molto calzante al mio stato d'animo attuale.

Così ho deciso che il testo del prossimo cartello, sarà il seguente:
"Qualche cosa di meraviglioso deve ancora arrivare"
Lo credevo anche prima, ma penso sia bene ricordarlo più spesso...

domenica 11 marzo 2012

Senzadolore (da: Transito 2009)

dal web
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Portami, amore
dove il sole è caldo,
là nella terra Senzadolore
dove non esistono
catene.


Andiamo
dove c’è musica
e fiori grandi
dai colori mai visti
e profumi nell’aria
e farfalle.


Se esiste, amore
la terra Senzadolore
chiudiamo gli occhi
e andiamoci,
cosa stiamo aspettando?
Presto
presto
prima che il sogno
finisca.


Mara Bagatella, 25 gennaio 2009

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Licenza Creative Commons
Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

giovedì 8 marzo 2012

omaggio a Jacques Prévert (da: Transito 2009)

Venere di Willendorf, 25.000 anni fa, circa
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Sono quella che sono

Vestita

O no

Per me non fa differenza.

Cammino

Parlo

Amo

Nella stessa maniera

Nella stessa misura

Da due milioni di anni.

Sono quella che sono

Se tu non mi conosci

Per me

Non fa differenza.

Piangere

Ridere

Cullare

E talvolta

Ferirti

Non so tenere il conto

Di queste cose.

Ad intrecciare le mie dita

Su di te

Lo so

Di averne dieci.

Ma se mi chiedi

Per quanto tempo

Non ho lunario

Né agenda

Né scadenze.

Amo cammino parlo

Nella stessa maniera

Da due milioni

Di anni.

Sono quella che sono

Se tu non ti ricordi

Non so che farci.


(Mara Bagatella – 13.10.2009 – Transito 2009)

...
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Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

domenica 4 marzo 2012

Se tu (La Primavera a Febbraio)

...
"Zodiaco" - matita e carboncino su carta - Mara Bagatella 2001


Se tu mi prendessi come sono
non avresti bisogno di fiori dipinti
perché te ne porterei a mazzi
ogni giorno della tua vita.


Fasci di rose a maggio
spighe di grano a settembre
e nella bruma di gennaio
andrei a cercare il calicanto
che profuma i giardini d’inverno.


A novembre raccoglierei
mucchi di foglie colorate
e ci salterei in mezzo
giocando
come fanno i bambini.


A giugno conterei
tutti i papaveri rossi
che sbucano lungo la strada
e te li porterei in sogno
perché non appassissero.


E a luglio amore mio
quando la luce del sole è così bianca
da ferirti gli occhi
uscirei di casa
sfidando il meriggio
per prenderti i girasoli
e raccoglierne i semi
da conservare per tutto l’inverno.


Se tu venissi
a camminare in questa terra senza fiori
ogni seme nascosto desteresti
sole e pioggia
vi abiterebbero insieme
e come in un cerchio
nulla mancherebbe.


Mara Bagatella - 22/02/01

Licenza Creative Commons
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La luna (La Primavera a Febbraio)

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"Luna e ramo" - tecnica mista su tela - Mara Bagatella 2005




È un lampione o la luna?
la luce a cui volto le spalle
comunque una guida
nel buio.





Mara Bagatella - 14/02/01
Licenza Creative Commons
Questa opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

venerdì 2 marzo 2012

Pausa di riflessione (La Primavera a Febbraio)

...

"Cammello" - tecnica mista su carta - Mara Bagatella 2002

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Pausa di riflessione.
Spegnere la radio.
Sbattere i tappeti.
Riordinare la stanza.
Contare alla rovescia
i battiti del cuore.


Tre
Due
Uno
Partenza per un altro pianeta.


Galleggiare
nello spazio infinito
dell’oblio.


Perdersi
e cercare
nella mappa astrale dei ricordi
la pista carovaniera
la via più breve
per l’oasi
prima che finiscano
le scorte d’acqua.

Mara Bagatella - 19/02/01
Licenza Creative Commons
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