sabato 28 gennaio 2012

Transfert (La Primavera a Febbraio)

Poster 01 - Mara Bagatella 2001 - tecnica mista su carta






Transfert




Dove sono andate
tutte le immagini
a cui pensavo?
Le ho trasferite
su di te.
Poster
ti ho attaccato addosso
occhi sorriso mani
di chi?
Ogni cosa al suo posto
ogni fazzoletto
nel suo cassetto
e vivere
in una casa di bambole
invece che in coda
nel traffico
nella nebbia
di questo umido inverno.
Tu sei così
pulito ordinato a posto
così sano
e asettico
che forse non ne ho voglia
di guardarti più da vicino
dentro
tra le labbra
giù per la gola
nello stomaco
nel cuore
tra ossa e visceri
non saprei dove
cercare
il resto.




(La Primavera a Febbraio) 26.01.01
Licenza Creative Commons
Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

venerdì 27 gennaio 2012

La Primavera a Febbraio

Quando apri un nuovo blog, all'inizio, non lo fila nessuno.
Perciò ho deciso di ripubblicare le mie poesie, a distanza di 3 anni. Credo che adesso, avranno qualche lettore in più. Non so se sia una buona idea, ma quando ho le idee confuse, ripartire daccapo e analizzare ciò che è stato, di solito mi aiuta a ripartire.
Tanto la vita non è un cerchio, ma una spirale. Non si ricomincia mai dallo stesso punto da cui si aveva lasciato.




"La Primavera a febbraio" - Mara Bagatella 2001 - tecnica mista su carta
“La primavera a Febbraio” è una raccolta di 15 poesie scritte nell’arco di un mese circa, tra la fine di gennaio e febbraio 2001. Non mi era mai capitato di scriverne tante in un così breve lasso di tempo, ciò le ha rese parte di un unico discorso su un unico tema ed è per questo motivo che ho deciso di riunirle sotto un unico titolo. Quale fosse il tema l’ho scoperto solo leggendole più tardi: in quello strano periodo infatti ero troppo presa dalle mie emozioni e dall’urgenza di fermarne in qualche modo il flusso così violento.
Mi sono sempre rimproverata la frammentarietà delle mie produzioni, sia pittoriche che scritte, ma specialmente di quelle scritte, che mi vengono di solito in momenti improbabili, mentre guido, ad esempio, o poco prima di addormentarmi, quando sto letteralmente crollando dal sonno e non sono del tutto certa di ciò che sto pensando.
All’inizio, mentre le scrivevo, credevo che quelle di “La primavera a Febbraio” fossero semplicemente poesie d’amore, ma in realtà non è così. Direi piuttosto che il tema è quello della difficoltà che si prova a lasciarsi andare ai sentimenti e soprattutto ad esternarli; è quello della paura dell’altro e della voglia di ribellarsi a questa paura.
L’amore, come tutte le altre vicende importanti della vita, può arrivare all’improvviso, cogliendoci impreparati, come un evento meteorologico fuori stagione. Quando ciò accade ci sentiamo travolti dall’indecisione, impreparati a gestire gli eventi, ed inevitabilmente andiamo in crisi.
Ciononostante una crisi porta sempre con sé un seme di novità e di crescita se solo lo si sa cogliere. Ho tentato di far questo scrivendo, annotando giorno per giorno, come in un diario, quello che succedeva dentro di me, nella speranza, più che nella convinzione, che fosse qualcosa di condivisibile e di comune.
Mara Bagatella 27/05/01






L'altra sera rientravo
e respirando l'ho sentita
mentre infilavo la chiave sul portone.
Mi sono voltata
verso la notte chiara:
- Cosa fai già qui?-
Era la Primavera,
ne sono certa,
a spasso per l'aria
di fine gennaio
forse sfuggita
da una fessura dimenticata
della casa del Tempo.


Mara Bagatella - 26 (?) gennaio 2001
Licenza Creative Commons
Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

martedì 24 gennaio 2012

sono le donne difficili a non aver dimestichezza con le chat...

...

Il furto della mia poesia "Le donne difficili" ha portato a strane conseguenze. Per poter commentare ad alcuni blog che l'avevano pubblicata con il nome di un'altra autrice, mi ci sono dovuta iscrivere, creandomi un profilo all'interno di siti che non conoscevo. 
Uno di questi era un sito di chat, di quelli in cui si cerca di conoscere gente nuova (diciamo così) e, dopo qualche giorno dall'iscrizione, ho cominciato a ricevere richieste di amicizia, messaggi ecc.
Lì per lì, lo devo ammettere, mi sono incuriosita, e sono andata a sbirciare meglio il sito, al quale all'inizio non avevo prestato molta attenzione... alcuni nickname erano esilaranti (come "lamantemaschio" o "uomobellissimo" rigorosamente senza foto...) 
I requisiti richiesti per inserire una fotografia sul proprio profilo erano piuttosto severi, il volto doveva essere riconoscibile, doveva essere presente una sola persona e via così. Anche la scheda da compilare con la propria descrizione mi ha incuriosita, c'erano una serie di definizioni impostate dal sito, e si poteva scegliere tra un elenco di risposte preconfezionate, tipo: il mio stile è sportivo, classico, grunge, raffinato eccetera eccetera. La mia cucina preferita è cinese, italiana, etnica, casalinga eccetera eccetera.

Sarei stata ancora un po' a curiosare, ma il problema era che più stavo collegata, più messaggi e richieste ricevevo e poi, plif, plif, plif, una dopo l'altra si aprivano finestre con richieste di conversazioni in chat. Inizialmente le chiudevo tutte, poi anche lì (mannaggia a me) la curiosità si è fatta più forte della prudenza. 

Gli incipit mi hanno lasciata molto perplessa. Si andava dal semplice e normalissimo "ciao" al "ciao bella" (e chi ti ha detto che io lo sia?) al "carissima! come va?" (carissima? ma ci conosciamo?).
Dopo aver scambiato qualche frase con un venticiquenne che voleva a tutti i costi una mia descrizione fisica (gli ho risposto di essere bassa, miope e con i capelli grigi) e un paio di messaggi con tipi che erano rimasti molto colpiti dalle uniche due frasi che avevo scritto (negli spazi in cui ci si poteva esprimere liberamente, che negli altri profili risultavano per lo più vuoti), ho gettato la spugna e mi sono disiscritta.
La tipa del blog ormai mi aveva risposto, assicurandomi che avrebbe corretto il nome dell'autrice della poesia (spero lo faccia davvero) e io non potevo perdere altro tempo lì. 
Lo so che vi sembrerà stupido, ma faccio una grandissima fatica a non rispondere a qualcuno che mi interpella, mi fa sentire in colpa.

Essere iscritti in quel sito presuppone la voglia di chattare con qualcuno, magari di fare amicizia e di conoscersi, quindi il mio essere on line e non dare risposta alle persone mi faceva sentire maleducata. 
Peccato. Avevevo sempre sentito parlare delle chat e dei siti per organizzare incontri, ma non ne avevo mai visto uno dall'interno, e mi sarebbe piaciuto tanto curiosare ancora un po'... ma alla fine sarebbe stata solo una perdita di tempo... è il problema di Internet: da un lato ti fa risparmiare molto tempo, se usato nel modo giusto, ma se ci si addentra per certi sentieri, te ne fa perdere molto di più...
Ad ogni modo, chissà, tutto può servire nella vita, magari in futuro avrò voglia di cercare anch'io nuove-amicizie-scopo-qualcosa-di-più...
Non si sa mai!

domenica 22 gennaio 2012

giovedì 19 gennaio 2012

Sono le donne difficili quelle che hanno più amore da dare, ma non lo danno a chiunque

... 

Ho iniziato a insospettirmi per caso, controllando il rapporto di Analytics. Come poteva essere possibile che ci fosse gente che arrivava al mio blog usando come parole chiave i primi versi di una mia poesia? Come se la conoscessero già da prima?

Insomma, non sono mica Leopardi, io!
Così ho inserito i versi nel motore di ricerca di Google e ho scoperto la verità. La mia poesia "Le donne difficili" stava invadendo il web, come un virus. E sotto il nome di un'altra persona, che si stava prendendo il merito di esserne l'autrice. All'inizio non sapevo che fare, mi sentivo come bloccata. Giravo da un blog all'altro, da un forum a una pagina su Facebook, come in trance. Leggevo i commenti, centinaia, quasi tutti entusiastici, ad una cosa che avevo scritto io e che all'epoca aveva entusiasmato non più di 10 o 15 persone: le mie amiche (alla quale era dedicata) e i miei lettori fissi (che sono pochissimi). La nota su FB, quella che ha avuto maggiore diffusione, contava ben 934 condivisioni!
Dopo un primo momento di smarrimento, ho cominciato a reagire, a lasciare messaggi in ogni sito a cui potevo accedere (ho dovuto lasciar perdere i forum, sui quali non si può commentare a meno di essere iscritti), ho creato una mia nota su FB chiedendo ai miei amici di condividerla. I primi risultati li ho ottenuti in meno di 24 ore. Pagina su FB con nome della falsa autrice cancellata, sito di poesie rettificato, i primi bloggers che mi rispondevano, scusandosi e facendomi i complimenti.


Tuttavia, rintracciare tutti quelli che hanno condiviso "Le donne difficili" è praticamente impossibile. Il danno ormai è fatto. Certo potrei denunciare, dato che i contenuti del mio blog sono coperti da licenza Creative Commons, ma mi conviene?


La verità è che sono arrabbiata un po' con chi ha abusato di una creazione mia come se fosse propria, ma un po' anche con me stessa.
Chi ha copiato ci ha messo della cattiveria, me ne sto rendendo conto adesso che per sicurezza sto passando una per una tutte le poesie che ho pubblicato, inserendo la licenza CC su ogni singola pagina. Mi sono resa conto che "Le donne difficili" è l'unica in cui non era ribadito il mio nome e cognome in fondo alla pagina. Questo non può essere un caso. Sono sicura di aver scritto poesie anche migliori di quella lì, eppure solo quella mi hanno rubato.
Ed è questo il motivo per cui mi sento in colpa. Ho sottovalutato "Le donne difficili", il suo contenuto, ho sottovalutato me stessa e il mio talento. Sono stata superficiale, ho peccato di distrazione.


Il fatto è, che negli ultimi tempi ho sempre trovato motivo di pensare a qualcosa di più urgente ed importante. Mi sono lasciata assorbire dai problemi sociali, soprattutto la battaglia per i referendum sull'acqua, e poi la situazione politica, quella economica. Stiamo vivendo un periodo storico drammatico, in cui mi è sembrato più giusto leggere articoli, firmare petizioni, organizzare e partecipare a conferenze, distribuire volantini, piuttosto che spendere il mio tempo a scrivere poesie o a pubblicizzare quelle già scritte.
E, mentre io ero occupata a fare questo, una persona senza talento ne approfittava per costruirsi un angolo di notorietà su Internet, sfruttando qualcosa di mio.
Una persona senza talento, si. Che però ha avuto un merito, quello di riconoscere la bellezza e la verità in ciò che io avevo scritto, la capacità, che io non ho avuto, di divulgarla, di valorizzarla, di crederci.
Io raramente riesco a riconoscere il vero valore di ciò che creo. Si, le mie opere mi piacciono, ma poi a confronto con quelle dei grandi poeti, dei veri scrittori, mi sembrano banali. Il rischio di plagio su Internet l'ho sempre sottovalutato proprio per questo: con tanta bella roba in giro, perchè mai qualcuno dovrebbe rubare proprio la mia?
Beh, ora lo so, il perchè... è perchè le mie opere sono belle, sono semplici, sono sincere, sono dirette. Adesso lo posso dire senza paura di sembrare superba. Sono i numeri, a dirlo, la quantità di persone che hanno letto, commentato e condiviso quei versi, comprese quelle (in minoranza) che li hanno aspramente criticati.
Per questo non riesco ad essere del tutto arrabbiata con la tizia che ha plagiato la poesia (NB: non lo scrivo apposta, il suo nome, appare già pure troppo nei motori di ricerca). Senza di lei non avrei mai raggiunto questa consapevolezza.
Le donne difficili hanno imparato a difendersi. Ma sanno anche perdonare...


PS: però non riprovarci, se non vuoi guai...


Mara Bagatella

le donne difficili 

lunedì 16 gennaio 2012

Domande

...
Tempo: 20 anni fa, circa, estate assolata.
Luogo: bordo piscina, di quelli erbosi e ombreggiati da alberi e non da ombrelloni.
Io avevo 20 anni, lui 17 e dei bellissimi occhi castani, con lunghe ciglia nere. Mi si avvicina e mi chiede, quasi sussurrando (che non lo sentissero gli altri maschi della compagnia): "Mara, ma di cosa parlano tra loro le ragazze?" Nel suo sguardo brillavano pagliuzze dorate e un'atavica curiosità.
"Parlano di ragazzi, Luca. Di che altro vuoi che parlino?"


Tempo: 2 mesi fa, circa.
Luogo: cucina di casa mia.
Io e la mia amica chiacchieriamo e ceniamo insieme (pizza d'asporto) e la conversazione è accesa, come sempre con lei, che è una giovane donna intensa e nervosa, dalla bellezza strana e dalla parlantina vivace. Di cosa stiamo parlando? Di uomini, naturalmente. La sua domanda mi colpisce alla sprovvista, però: "Mara, e come fai a sapere quand'è che sei veramente innamorata?"
La risposta ci ho messo un po' ad elaborarla. Le ho telefonato, qualche giorno dopo e le ho detto: "Per me, capisco che sono innamorata di qualcuno quando a quello di prima non ci penso più. E se pure ci penso è con distacco e indifferenza."


Gennaio 2012. Di cosa stiamo parlando? Quali sono le domande che ci facciamo l'un l'altro? La crisi, il lavoro, che c'è o che non c'è. Le privatizzazioni. Ci vogliono scippare il referendum sull'acqua. Il naufragio della nave da crociera. Il capitano che se ne va prima di aver messo in salvo i passeggeri e l'equipaggio (non ha mai guardato Titanic, si capisce).
La fine del mondo. I Maja. 


Non ci riesco. Non riesco a interessarmi a queste cose. Le domande fondamentali per me sono altre. Sono innamorata? Sto bene? Qui, ora, vicino a lui? Lo voglio solo per un pomeriggio, o mi piacerebbe che restasse tutta la vita? Anche se non gli piace la mia cucina? Anche se non ascoltiamo le stesse canzoni? 
E poi: che vuol dire "tutta la vita"? Se, per dirla tutta, avessero ragione i Maja? Se la mia vita dovesse comunque finire domani? Cosa mi rende felice o infelice, adesso? Cosa mi rende serena e soddisfatta di me stessa?


Lo so che sembrano domande stupide e banali. Lo sembrano perchè l'umanità se le pone da millenni, sempre le stesse, sempre uguali. Di cosa parlano tra loro le donne? Cos'è l'amore? Come faccio a sapere se lui è quello giusto? Sono felice? è questa la mia vita o vorrei cambiarla?


Invece adesso va di moda parlare di altre cose. La crisi, le tasse, lo spread. La borsa come ha aperto, oggi? Che nuove tasse si inventerà il governo Monti? Il capitano della Concordia è colpevole o innocente?
Vi faccio una confessione. Non ne capisco molto di questi argomenti. Non so quasi nulla di economia e non mi intendo di navigazione. Capisco che tutte queste domande siano importanti e serie, ma proprio non riesco ad appassionarmi ad esse. A me viene voglia di farne altre.
Tipo: il capitano di quella nave che tipo di domande era solito farsi? A che avrà pensato, in quella circostanza? Cosa lo ha spinto ad agire in un modo invece che in un altro? E io, che avrei fatto al suo posto?
Non posso rispondere per gli altri. Però ho l'impressione che tutto, ma proprio tutto, stia andando a rotoli proprio perchè non ci stiamo facendo le domande giuste, oppure perchè non chiediamo più niente, nè agli altri, nè a noi stessi. C'è una vita sociale e c'è una vita intima, segreta e profonda, come un fiume sotterraneo. E quando i collegamenti tra queste due vite si interrompono, l'acqua non arriva più, e tutto inaridisce. Gli altri non ci incuriosiscono più, perdono di importanza. E noi diventiamo egoisti, scappiamo, e fuggendo ci lasciamo indietro le cose davvero importanti.
E non possiamo più giungere in salvo.

domenica 15 gennaio 2012

Maschile/Femminile

...
Ben poche sono le donne oneste che non siano stanche di questo ruolo
(Friedrich Nietzsche)

Interessante aforisma. Quando l'ho letto mi sono chiesta: come suonerebbe al maschile? Ecco qua:

Ben pochi sono gli uomini onesti che non siano stanchi di questo ruolo
Cambia qualcosa, non è vero? eppure mantiene una forte carica di sarcasmo, anzi, direi che di questi tempi mi sembra molto attuale. In un mondo in cui la disonestà, la furbizia, il sopruso, sembrano qualità vincenti, sicuramente sono molti gli onesti che si chiedono: ma chi me lo fa fare? 
Senza contare poi gli "onesti" solo per mancanza di opportunità...

Ma ciò che mi ha colpito moltissimo, nel volgere al maschile questa frase, è il cambio radicale di senso del termine "onestà".


Se al maschile "essere onesti" significa non rubare, non mentire, non imbrogliare il prossimo, insomma, in generale, rispettare le leggi, avere una propria etica ecc... per quanto riguarda le donne, "essere oneste" si riduce ad una cosa sola: non darla via.
E se proprio la dai via, dalla ad uno solo, e possibilmente all'interno di un contratto vincolante (sacro o civile che sia).

Il signor Friedrich Nietzsche intendeva certo questo, con il suo aforisma, molto valido specialmente ai tempi suoi, ma a pensarci bene, pure ai nostri, dato che fini intellettuali, oggi, pubblicano su Internet questa frase, la condividono su Facebook e ne sorridono, ammiccando.
Ammiccando? Eh, beh, certo. Vogliamo tradurre in modo brutale, meno sottile ma più sincero? La frase suonerebbe così: 
"Ben poche sono le donne che non la danno via, oppure la danno da anni sempre al solito uomo, che non siano stanche di questa situazione"
La trovate un po' contorta? Anch'io... proviamo a semplificarla ancora?  Si, dai, perchè la traduzione vera, quella sottointesa, il vero pensiero filosofico, insomma, sarebbe il seguente: 
"Eddai! che palle essere oneste, donne mie, darla via liberamente è molto più divertente, soprattutto se la date a me!"
Adesso si che si capisce! sia il sorriso, sia l'ammiccamento.
... però... sapete che è venuto da pensare a me?


Che, se dopo il Sessantotto e la liberazione sessuale questa cosa è ancora vera, io non ci trovo proprio niente da ridere. Perchè vuol dire che dopo oltre un secolo (Nietzsche è morto nel 1900) la condizione della donna non è cambiata. Essa non è libera di fare di sè quel che le pare, non senza perdere qualcosa che uomini colti, fini intellettuali, molto intelligenti, ancora chiamano (solo al femminile) "onestà".

martedì 3 gennaio 2012

Lettura dell'immagine: il manifesto Art Nouveau (Alphonse Mucha - Job)

...


Autore: Alphonse MuchaTitolo: manifesto pubblicitario per le cartine di sigarette Job (1897)
Tecnica: litografia
Soggetto: l’immagine è un manifesto pubblicitario.


Notizie sull’autore:Alphonse Mucha, pittore cecoslovacco, nacque a Ivancice, Moravia, nel 1860. Dopo un’educazione pittorica compiuta a Vienna e a Monaco, si trasferì a Parigi nel momento in cui veniva formandosi il linguaggio decorativo dell’Art Nouveau, alla cui definizione contribuì con uno stile inconfondibile e assai seducente: l’elemento principale è la figura femminile, sempre al centro delle sue composizioni. Per la ricchezza delle decorazioni prende spunto dalla posizione delle figure, dallo sciogliersi dei capelli, dal fumo di una sigaretta o dal panneggio degli abiti, che contribuiscono a creare una fitta serie di curve e di intrecci. La figura centrale è sempre evidenziata da una linea più pesante che ne definisce i contorni e tende ad annullare il senso dello spazio e del volume. Particolarmente curati, nei manifesti di Mucha, sono i fregi ornamentali e la progettazione del lettering, cioè dei caratteri tipografici per le scritte.
Cartellonista ufficiale di Sarah Bernhardt, per la quale preparò anche scenografie e disegnò gioielli, diventò, sullo scorcio del secolo, il più famoso creatore di manifesti di tutta Europa. Morì a Praga nel 1939.


Cosa raffigura l’immagine?L’immagine principale nel manifesto è la figura femminile, posta in primo piano. La donna ha capelli lunghi e curvilinei fra i quali si può scorgere una spilla formata da una serie di fiammiferi. In mano tiene una sigaretta che descrive nella parte superiore del manifesto delle ampie curve di fumo. In secondo piano, dietro la testa della donna, vi è la scritta “Job”, il nome della marca produttrice delle cartine di sigarette per la quale è stato commissionato il manifesto. Questa scritta è ornata da disegni simili a tessere di mosaico. Nello stesso modo è stata realizzata la cornice dell’intera immagine. Sullo sfondo compare un disegno decorativo che non è altro che il logo “Job” stilizzato. Nell’angolo inferiore destro è presente la firma dell’artista.

Come è stata raffigurata l’immagine?Il manifesto è stato riprodotto attraverso l’uso della litografia.

La donna è stata disegnata sui toni del marrone (i capelli) e del beige (pelle e vestito). Il fumo e lo sfondo hanno tonalità sul viola, mentre i simboli e il marchio sono sul verde, colore che risalta notevolmente sul manifesto. La composizione è asimmetrica; nella cornice appare una sequenza ritmica. La parte destra del manifesto, occupata dalla donna, è la più “pesante” per area occupata; questo però è compensato dai toni di colorazione chiari che la compongono. Le linee sinuose e curvilinee, descritte dai capelli, vengono riprese anche dalle linee descritte dal fumo. Esse sono in contrasto con i motivi geometrici della cornice e ricordano le forme della natura, un elemento ricorrente nell’Art Nouveau.

LA LITOGRAFIAè un procedimento di stampa che si basa sul principio dell’incompatibilità dell’acqua con il grasso. L’artista traccia il disegno con materiale grasso (inchiostro o matita) su una matrice di pietra calcarea. La pietra viene bagnata con acqua, quindi viene inchiostrata con un rullo intriso di inchiostro grasso che aderisce solo alle parti disegnate. Per la stampa si pone un foglio di carta sulla matrice e si passa il tutto attraverso una pressa. Per le stampe a colori si preparano tante matrici quanti sono i colori richiesti dal disegno.

Perché l’immagine è stata raffigurata così? Qual è la sua funzione?La funzione di questa immagine è di pubblicizzare le cartine di sigarette Job. Questa funzione è espressa attraverso lo stile dell’Art Nouveau, sfruttando la figura femminile e le linee ondulate riprese dalla natura. Lo scopo del manifesto è di invitare le persone a comprare le cartine Job, per questo nell’immagine vengono unite la bellezza espressa dalla donna con il fumo della sigaretta. Si vuole far intuire all’acquirente che “Job” è sinonimo di eleganza.
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