mercoledì 1 luglio 2009

The love song of J. Alfred Prufrock (X e ultima parte)

...

Illustrazione di Arthur Rackham (particolare)

I grow old ... I grow old ...
I shall wear the bottoms of my trousers rolled.

Shall I part my hair behind? Do I dare to eat a peach?
I shall wear white flannel trousers, and walk upon the beach.
I have heard the mermaids singing, each to each.

I do not think that they will sing to me.

I have seen them riding seaward on the waves
Combing the white hair of the waves blown back
When the wind blows the water white and black.
We have lingered in the chambers of the sea
By sea-girls wreathed with seaweed red and brown
Till human voices wake us, and we drown.


Divento vecchio... divento vecchio...
Porterò i pantaloni arrotolati in fondo.


Dividerò i miei capelli sulla nuca? Avrò il coraggio di mangiare una pesca?
Porterò pantaloni di flanella bianca, e camminerò sulla spiaggia.
Ho udito le sirene cantare l'una all'altra.


Non credo che canteranno per me.


Le ho viste al largo cavalcare l'onde
Pettinare la candida chioma dell'onde risospinte:
Quando il vento rigonfia l'acqua bianca e nera.


Ci siamo troppo attardati nelle camere del mare
Con le figlie del mare incoronate d'alghe rosse e brune
Finché le voci umane ci svegliano, e anneghiamo.


T. S. Eliot, "The Love Song of J. Alfred Prufrock" (originally printed in "Poetry", June 1915)


Con questi ultimi versi, termino la serie di post dedicati a T. S. Eliot, o perlomeno quelli dedicati a “The love song…”. Confesso di aver ritardato apposta la pubblicazione della X parte, perché non volevo staccarmi da questa poesia. Ho iniziato a parlarvene che era freddo, vi ricordate la nebbia gialla arrotolata attorno alle case? E termino in estate, con una passeggiata sulla spiaggia, con le sirene incoronate d’alghe.
Questa poesia ha accompagnato i primi mesi di questo blog, traghettandolo da una stagione all’altra.
Devo ammetterlo, mi sono appoggiata ad Eliot come ad una stampella. Perché io, di mio, non lo so se ho da dire qualche cosa di interessante. Se non fosse stato per Massimiliano, che un anno fa mi ha incoraggiata, non avrei ripreso a scrivere poesie, e non avrei mai aperto questo blog.
Invece, in questi ultimi mesi mi sono resa conto che il sentimento di inadeguatezza è molto diffuso. Persino Eliot lo ha provato, ha sperimentato la solitudine, la depressione e l’esaurimento. Ma ne ha tratto dei capolavori. Talvolta la grandezza dell’essere umano risiede proprio nella sua fragilità.
Ho aperto questo blog per diversi motivi: per condividere qualcosa di me, per gettare via qualcosa di vecchio, per creare qualcosa di nuovo. A volte mi sembra che sia poco.
Ad Eliot sembrerebbe inconsistente, lo so.
Internet.
Mi sto attardando troppo nelle camere del mare? È troppo virtuale questa casa sulle zampe di gallina? Sto troppo sognando? E voi? Voi, al di là di questo schermo azzurro, ognuno seduto dietro il proprio schermo azzurro… siete reali? Vi sto soltanto sognando?


Oh, ma io non sarò Prufrock… sarò una sirena.
E, anche se mi sveglierete, non annegherò.
...

2 commenti:

  1. Io ho aperto il blog perchè mi piace scrivere, perchè era un periodo grigio e avevo bisogno di scrivere di me. Mi ha aiutata ad autocriticarmi e a capirmi un pò di più. Rileggendomi ho capito un pò di cose di me. Anche se a volte mi sento stupida, perchè in fondo è solo internet, nient'altro che un mondo virtuale, dove le parole si perdono e si dice che i sentimenti non esistano. E mille volte mi sono chiesta se le persone che mi commentano sono reali, se sono davvero come dicono di essere, se sono interessate a dirmi la loro o se sono solo in cerca di commenti per il loro blog. Me lo chiedo spesso, ma altrettanto spesso trovo la risposta. Cioè che in fondo si possono instaurare bellissimi rapporti anche attraverso uno schermo.

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  2. Già, i rapporti si riescono ad instaurare se si ha la volontà di farlo. Non importa il mezzo che si usa. Basta ricordare che Internet è il mezzo, non il fine...

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