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Quest’anno ho conosciuto una persona davvero molto speciale: si chiama Gianpaolo, ed è uno scultore. È venuto a fare un laboratorio di modellato a scuola, senza chiedere un centesimo, solo per il gusto di trasmettere le cose che sa. E di cose, il signor Giampaolo, ne sa tante: è una persona precisa, meticolosa, una mano ed un occhio eccezionali. Per di più si è rivelato di una pazienza incredibile con i ragazzi, la sua capacità di sopportazione era la cosa che mi preoccupava di più, all’inizio, perché i preadolescenti spesso sono davvero difficili da sopportare… invece si è dimostrato bravissimo anche in questo.
L’ultimo giorno di laboratorio ci siamo fermati a chiacchierare un po’. Parlavamo della sensibilità degli artisti, anzi, più in generale della sensibilità delle persone, che è diversa da individuo ad individuo. Mi ha fatto un esempio talmente bello ed efficace che mi è venuta voglia di riportarlo qui:
“Ci sono persone che hanno i calli sulle mani” ha detto il signor Giampaolo “e possono tenere in mano un riccio di castagna e stringerlo senza sentire dolore. Ma queste persone se afferrano un fiocco di cotone non ne sentono la morbidezza. Invece ce ne sono altre con la pelle talmente sensibile da sentire l’aria che passa tra le dita: loro sentono la differenza tra un fiocco di cotone e una piuma… ma non possono tenere in mano il riccio di castagna senza farsi male.”
È una cosa che ho sempre pensato anch’io, ma non sono mai riuscita a trovare un paragone tanto efficace per esprimerla.
Ho anche pensato che spesso ho cercato di “fare i calli” sulle mani, di diventare più resistente, di cacciare via il dolore. Per fortuna non mi è riuscito… perché avrei perso la sensibilità e la capacità di distinguere le cose belle, di capire le persone da una stretta di mano, di intuire il dolore altrui, di entrare nelle stanze più nascoste del mio stesso cuore.
Non potrei vivere senza scorgere attorno a me le varietà dei colori, le sfumature più sottili: mi annoierei in un mondo monocromo. Preferisco continuare a pungermi.
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Bellissimo il paragone che ha fatto il signor Giampaolo! E comunque sono d'accordo con te.. anche io dico sempre che mi farò venire quei calli per non sentire più niente, nè le cose brutte e nemmeno quelle belle, perchè entrambe fanno soffrire.. ma poi non ci riesco.. queste emozioni alla fine sono la nostra fonte di vita!
RispondiEliminaGià... è anche un paragone che mi ha fatto comprendere meglio quelli che riescono a tenere i ricci in mano... li ho sempre un po' invidiati, devo ammetterlo... finchè non mi sono resa conto di quanto si perdono, in realtà.
RispondiEliminaA volte li calpesti i ricci, senza farlo apposta, magari appena ti allontani dalla spiaggia; e dopo che li hai calpestati pensi che sia meglio non allontanarsi più e restare a riva. Però il mare è bello e misterioso, perché immaginiamo chissà quali mondi oltre l'orizzonte o sotto la superficie.
RispondiEliminaMio zio Vincenzo, ha i calli sotto i piedi, per tutti i ricci che ha calpestato, e sulle mani, per tutti i ricci che ha strappato al mare. Ora è vecchio e malato. Non saprebbe raccontare la sua vita in italiano, non saprebbe dipingerla o scolpirla. Ma ogni cosa che ha visto oltre l'orizzonte e sotto la superficie del mare è lì, tra le increspature del suo viso scolpito dalla vita.
Lui i ricci se li mangiava, sulla spiaggia, li teneva in mano e li apriva con un coltello affilatissimo, poi li sciacquava in un secchiello pieno di acqua di mare, aggiungeva un po' di succo di limone e di pepe e via, uno dietro l'altro.
Piacevano anche a me, su un crostino di pane.
Il mare era pulito.
I ricci erano buoni.
:)>
non avevo pensato ai ricci di mare... noi montanari diamo per scontato che i ricci siano quelli di castagna!
RispondiElimina:-))
volevo dare una prospettiva diversa. :)
RispondiEliminaDirei che ci sei riuscito! Mi hai fatto venire voglia di ricci di mare, sai... li ho mangiati una volta sola, in vita mia... erano buoni!
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