Ho sempre avuto un rapporto particolare con il cibo. Quando sono nervosa, stressata, triste, mi si chiude la bocca dello stomaco, non riesco più a mangiare.
Sono anche di gusti difficili. Neppure quando ho una fame da lupi riesco a mangiare quello che non mi piace. Quando ero piccola, facevo disperare i miei genitori perché non mangiavo. Papà si arrabbiava moltissimo e mi costringeva ad inghiottire il cibo, talmente di malavoglia che ancora oggi, in certe occasioni, mi capita di avvertire l’azione di nutrirmi come un dovere e non come un piacere.
Fortunatamente, ho dovuto imparare a cucinare a dodici anni e da quel momento ho iniziato a gestire i pasti della mia famiglia secondo i miei gusti personali.
Un po’ alla volta sono diventata bravina, e questo mi è stato di grande utilità quando mi sono trasferita a Verona per frequentare l’Accademia.
La mia specialità sono le ricette veloci.
A casa dovevo preparare la cena per cinque persone senza impiegare troppo tempo se volevo riuscire anche a svolgere la versione di latino e guardare Star Trek.
All’Accademia era più o meno la stessa storia. Dovevo frequentare i corsi, studiare, fare la spesa e prepararmi da mangiare, perché la mensa universitaria era piuttosto lontana e non ce la facevo ad andarci e tornare in tempo per i corsi pomeridiani senza sacrificare durante il percorso le calorie appena ingerite.
Un po’ alla volta ho messo assieme un certo numero di ricette “di sopravvivenza”, non prima di essermi fatta andare in disgrazia toast, caffè e yogurth alla frutta. Piatti velocissimi, minimali e tuttavia nutrienti. Talvolta le preparo ancora, perché, anche se sono passati tanti anni, una cosa è rimasta costante nella mia vita: sono sempre di corsa e non riesco a mangiare piatti preconfezionati o in scatola. Perciò, ecco cosa mi sono preparata l’altra sera:
RISO E PROSCIUTTO
È la ricetta più facile del mondo: si cuoce del riso in bianco (quantità: a piacere),
nel frattempo si spezzetta del prosciutto crudo direttamente nel piatto (quantità: a piacere).
Quando il riso è pronto, si scola e si versa sopra il prosciutto, assieme a un po’ di burro.
Si mescola bene e si mangia.
Io adoro il riso e vivrei di prosciutto crudo… e quando mangio queste cose mi sembra di stare ancora a Verona… purtroppo a casa dei miei ho provato a proporre questa ricetta, ma non è stata apprezzata.
Forse è davvero il caso di dire che i nostri gusti in fatto di cibo sono legati ai sentimenti, ai ricordi… a fattori emotivi, insomma.
Ancora di più mi sembra di tornare indietro nel tempo quando mangio gli spinaci (al burro anche quelli) che erano l’unica roba surgelata che osavo comprare quando andavo all’Accademia.
Ieri sera ne ho aperta una confezione, li ho cotti (ci vogliono 2 minuti), li ho conditi e li ho mangiati… tutti… c’era scritto 300 gr sul pacchetto, ma per me sono praticamente una monoporzione!
Oddio, potendosi permettere un orto sinergico come quello di Emanuele, freschi sarebbero molto più buoni, ma bisogna sapersi accontentare!
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