giovedì 16 aprile 2009
The love song of J. Alfred Prufrock (parte II)
In the room the women come and go
Talking of Michelangelo.
The yellow fog that rubs its back upon the window-panes,
The yellow smoke that rubs its muzzle on the window-panes,
Licked its tongue into the corners of the evening,
Lingered upon the pools that stand in drains,
Let fall upon its back the soot that falls from chimneys,
Slipped by the terrace, made a sudden leap,
And seeing that it was a soft October night,
Curled once about the house, and fell asleep.
Quando lessi per la prima volta questa poesia ero in quinta Liceo Scientifico, e naturalmente ci rimasi malissimo quando mi resi conto che “Il canto d’amore…” non aveva nulla a che fare con l’amore, almeno per come lo intendevo io a 18 anni.
Un titolo incongruente. Un’introduzione tratta dalla Divina Commedia. Un inizio davvero poco incoraggiante… e poi… queste donne che vanno e vengono, parlando di Michelangelo… da dove vengono? E dove vanno?
Nella stanza le donne vanno e vengono
Parlando di Michelangelo.
La nebbia gialla che strofina la schiena contro i vetri,
Il fumo giallo che strofina il suo muso contro i vetri
Lambì con la sua lingua gli angoli della sera,
Indugiò sulle pozze stagnanti negli scoli,
Lasciò che gli cadesse sulla schiena la fuliggine che cade dai camini,
Scivolò sul terrazzo, spiccò un balzo improvviso,
E vedendo che era una soffice sera d'ottobre
S'arricciolò attorno alla casa, e si assopì.
Eppure è assolutamente straordinaria, questa descrizione che Eliot fa della nebbia, che si muove attorno alla casa come se fosse un gatto. Diventa viva, inquietante, pensante persino.
La nebbia la ricordo bene, al Liceo. Dall’inizio dell’autunno e per tutto l’inverno c’era la nebbia, in quella conca infernale in cui l’avevano costruito. Partivo da casa che c’era il sole, e quel cielo azzurro tagliente come una lama delle mattine d’inverno. Dopo cinque chilometri l’autobus ripiombava nella notte… e quando arrivava a scuola sembrava che la nebbia avesse preso casa lì, che aspettasse i liceali apposta, per creare una cortina tra la loro adolescenza e il mondo.
Era la parte che preferivo, “The yellow fog”, soprattutto per “gli angoli della sera” e la “soffice sera d’ottobre” .
Da un’immagine all’altra, anche Eliot sembra muoversi come un gatto: osserva una cosa, socchiude gli occhi gialli e poi… spicca un balzo improvviso e sembra parlare d’altro.
Invece è sempre lì, nella stessa stanza, e le stesse donne avanti e indietro, parlando di Michelangelo…
...
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento