giovedì 30 aprile 2009
Scavi
Quando ho aperto questo blog, l’ho fatto con l’intento di aprire uno spiraglio al mio mondo sotterraneo, a quella parte di me che ha poco spazio nella frenetica vita di ogni giorno.
E così, ho cominciato a scavare… scava e scava… TLANG!
Ad un certo punto, la pala ha toccato qualcosa di duro, vibrando di un suono metallico.
Ma non era un forziere pieno d’oro, purtroppo… dalla forma e dal colore, ha piuttosto l’aspetto di un ordigno bellico inesploso. Miseriaccia… e adesso? Che faccio? Chiudo lo scavo e faccio finta di niente? Lo fa un sacco di gente… ma io non credo sia una buona idea…
Qualcuno conosce un artificiere dell’anima? Uno bravo, però!
Nel frattempo, credo che transennerò l’area e farò evacuare gli abitanti…
...
mercoledì 29 aprile 2009
Pioggia
...
Ho promesso a Lorena che avrei pubblicato la sua ultima poesia in un giorno di pioggia. A dire il vero non posso essere sicura di che tempo farà oggi... dato che programmo i post con un certo anticipo. Però, in questo preciso momento, mentre scrivo, sta piovendo, e alla grande. Ad essere sincera non ne posso proprio più di questa pioggia.
Spero che questa poesia ci porti il sole...
Grazie per avercele regalate, Lorena.
Pioggia che cadi e lavi e dilavi e porti nel fondo
Dentro la terra, dentro di me
Giù nel profondo, nel buio dove il germe riposa…
Una luce brilla, all’inizio solo un minuscolo barlume
Poi uno scintillio… eccola là, la consapevolezza di me
Dov’eri finita per tutto questo tempo?
Sì, riposavi, dimenticata sotto i mucchi di cose da fare,
sotto tutti i doveri….
Ora questo piccolo seme lo voglio coltivare, che germogli, che cresca, che prenda vigore
È il seme di me, quello che da sempre è dentro il mio cuore, quello che il predatore ha cercato di soffocare…
Ora preme e si muove e tenta con tutte le sue forze di uscire e mettere fiori e frutti e fortificarsi.
Ora temo per lui, ora so che c’è ancora ed ho paura di perderlo, come una madre teme di perdere il suo piccolo ancora prima che sia divenuto….
Ora ti sento e ti proteggerò dal predatore,
lui non ti avrà perché tu sei secondo il volere di chi può ogni cosa ….
Colui che è da sempre l’ha messo nel mio cuore e mi sussurra: non mollare, vai avanti, sii te stessa
Fino in fondo
Fino in fondo
Lorena
...
Ho promesso a Lorena che avrei pubblicato la sua ultima poesia in un giorno di pioggia. A dire il vero non posso essere sicura di che tempo farà oggi... dato che programmo i post con un certo anticipo. Però, in questo preciso momento, mentre scrivo, sta piovendo, e alla grande. Ad essere sincera non ne posso proprio più di questa pioggia.
Spero che questa poesia ci porti il sole...
Grazie per avercele regalate, Lorena.
Pioggia che cadi e lavi e dilavi e porti nel fondo
Dentro la terra, dentro di me
Giù nel profondo, nel buio dove il germe riposa…
Una luce brilla, all’inizio solo un minuscolo barlume
Poi uno scintillio… eccola là, la consapevolezza di me
Dov’eri finita per tutto questo tempo?
Sì, riposavi, dimenticata sotto i mucchi di cose da fare,
sotto tutti i doveri….
Ora questo piccolo seme lo voglio coltivare, che germogli, che cresca, che prenda vigore
È il seme di me, quello che da sempre è dentro il mio cuore, quello che il predatore ha cercato di soffocare…
Ora preme e si muove e tenta con tutte le sue forze di uscire e mettere fiori e frutti e fortificarsi.
Ora temo per lui, ora so che c’è ancora ed ho paura di perderlo, come una madre teme di perdere il suo piccolo ancora prima che sia divenuto….
Ora ti sento e ti proteggerò dal predatore,
lui non ti avrà perché tu sei secondo il volere di chi può ogni cosa ….
Colui che è da sempre l’ha messo nel mio cuore e mi sussurra: non mollare, vai avanti, sii te stessa
Fino in fondo
Fino in fondo
Lorena
...
lunedì 27 aprile 2009
Germogli
...
Nel mio appartamento c’è solo un minuscolo terrazzino, e lo sto riempiendo di vasi. Il primo in assoluto che ci ho messo, quasi due anni fa, è stato quello della salvia. Anche se ancora non ero venuta ad abitarci, mi sembrava consolante che ci fosse già un essere vivente ad aspettarmi in casa. Poi è stata la volta del vaso di alloro. Amo molto l’alloro, ne volevo assolutamente un alberello. Mio padre me ne diede quattro, togliendoli dall’orto. Solo uno è sopravvissuto e ora sta buttando germogli e ramoscelli che osservo tutti i giorni con trepidazione e sollievo.
Quanto tempo e quanta pazienza ci vuole per veder crescere una pianta! Due anni per delle foglie nuove! E quante incertezze… ti domandi se questa sarà la volta buona, se adesso la pianta sia finalmente fuori pericolo, se non arriverà qualche insetto a rosicchiartela proprio sul più bello… tutta la vita è così, una serie di attese, di speranze, piantare e raccogliere, cercare il coraggio di tagliare i rami secchi… e non dire a nessuno del nuovo seme gettato, che finché non spunta, ha bisogno di buio e silenzio…
Nel mio appartamento c’è solo un minuscolo terrazzino, e lo sto riempiendo di vasi. Il primo in assoluto che ci ho messo, quasi due anni fa, è stato quello della salvia. Anche se ancora non ero venuta ad abitarci, mi sembrava consolante che ci fosse già un essere vivente ad aspettarmi in casa. Poi è stata la volta del vaso di alloro. Amo molto l’alloro, ne volevo assolutamente un alberello. Mio padre me ne diede quattro, togliendoli dall’orto. Solo uno è sopravvissuto e ora sta buttando germogli e ramoscelli che osservo tutti i giorni con trepidazione e sollievo.
Quanto tempo e quanta pazienza ci vuole per veder crescere una pianta! Due anni per delle foglie nuove! E quante incertezze… ti domandi se questa sarà la volta buona, se adesso la pianta sia finalmente fuori pericolo, se non arriverà qualche insetto a rosicchiartela proprio sul più bello… tutta la vita è così, una serie di attese, di speranze, piantare e raccogliere, cercare il coraggio di tagliare i rami secchi… e non dire a nessuno del nuovo seme gettato, che finché non spunta, ha bisogno di buio e silenzio…
domenica 26 aprile 2009
Mascotte
...
Adesso che ho imparato a caricare le foto sul blog, posso finalmente presentarvi un personaggio molto importante!
Il suo nome è Luna, ed è la cagnolina di mia mamma... ma in realtà appartiene a tutta la famiglia, nel senso che ormai è diventata un familiare anche lei.
Le foto non sono bellissime, a dire il vero, ma è molto difficile fotografarla, non sta ferma un attimo!
...
Adesso che ho imparato a caricare le foto sul blog, posso finalmente presentarvi un personaggio molto importante!
Il suo nome è Luna, ed è la cagnolina di mia mamma... ma in realtà appartiene a tutta la famiglia, nel senso che ormai è diventata un familiare anche lei.
Le foto non sono bellissime, a dire il vero, ma è molto difficile fotografarla, non sta ferma un attimo!
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venerdì 24 aprile 2009
EDEN
...
Ed ora che sono giunta
in questo nuovo eden
dato che non c’è più differenza
tra bene e male
ditemi subito
dov’è l’albero
della Conoscenza
perché voglio essere cacciata
via
da questo paradiso.
Mara Bagatella - 8 luglio 2008
Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.
Ed ora che sono giunta
in questo nuovo eden
dato che non c’è più differenza
tra bene e male
ditemi subito
dov’è l’albero
della Conoscenza
perché voglio essere cacciata
via
da questo paradiso.
Mara Bagatella - 8 luglio 2008
Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.
mercoledì 22 aprile 2009
The love song of J. Alfred Prufrock (parte III)
...
And indeed there will be time
For the yellow smoke that slides along the street,
Rubbing its back upon the window-panes;
There will be time, there will be time
To prepare a face to meet the faces that you meet;
There will be time to murder and create,
And time for all the works and days of hands
That lift and drop a question on your plate;
Time for you and time for me,
And time yet for a hundred indecisions,
And for a hundred visions and revisions,
Before the taking of a toast and tea.
In the room the women come and go
Talking of Michelangelo.
E di sicuro ci sarà tempo
Per il fumo giallo che scivola lungo la strada
Strofinando la schiena contro i vetri;
Ci sarà tempo, ci sarà tempo
Per prepararti una faccia per incontrare le facce che incontri;
Ci sarà tempo per uccidere e creare,
E tempo per tutte le opere e i giorni delle mani
Che sollevano e lasciano cadere una domanda sul tuo piatto;
Tempo per te e tempo per me,
E tempo anche per cento indecisioni,
E per cento visioni e revisioni,
Prima di prendere un tè col pane abbrustolito.
Nella stanza le donne vanno e vengono
Parlando di Michelangelo.
The love song of J. Alfred Prufrock - by: T.S. Eliot (1888-1965)
Non l’ho compresa veramente, questa poesia, la prima volta che la studiai al Liceo, né sono sicura di averla compresa ora. Eppure mi piacque subito, come quando ci si innamora con il “colpo di fulmine”. Succede, che una persona ti piaccia al primo sguardo, e pensi: ci sarà un perché.
Il mio “perché”, con Prufrock, credo fosse in quei due versi:
In the room the women come and go Talking of Michelangelo.
Capitava anche a me, di sentirmi assolutamente spersa e sola, in mezzo a gente che non badava a me, che andava e veniva, parlando d’altro, mentre io ero immersa nei pensieri labirintici, sommersi, spesso cupi, della mia adolescenza. Era il resto, che non capivo:
Ci sarà tempo, ci sarà tempo Per prepararti una faccia per incontrare le facce che incontri; […] Tempo per te e tempo per me, E tempo anche per cento indecisioni, E per cento visioni e revisioni, Prima di prendere un tè col pane abbrustolito.
Io invece non avevo tempo, avevo fretta. La fretta e l’urgenza dei miei diciotto anni, quando ti sembra che tutto debba finire da un momento all’altro e non sai nemmeno cosa sia quel “tutto”.
Non sono mai stata una persona indecisa, sapevo bene quello che avrei voluto fare, ma ero anche incastrata tra mille doveri e regole e paletti, e la lotta quotidiana contro tutto questo mi lasciava ben poche energie per preparare una faccia per incontrare le facce da incontrare…
Non avevo che la mia, e con quella cercavo di andare avanti.
No, il tormento di Prufrock non lo capivo davvero… come non si capisce davvero la persona della quale ci si innamora in un istante.
Si può amare qualcuno di cui non si riesce a comprendere che un frammento?
È forse questa la domanda lasciata cadere sul piatto?
No?
…
e qual è allora?
...
And indeed there will be time
For the yellow smoke that slides along the street,
Rubbing its back upon the window-panes;
There will be time, there will be time
To prepare a face to meet the faces that you meet;
There will be time to murder and create,
And time for all the works and days of hands
That lift and drop a question on your plate;
Time for you and time for me,
And time yet for a hundred indecisions,
And for a hundred visions and revisions,
Before the taking of a toast and tea.
In the room the women come and go
Talking of Michelangelo.
E di sicuro ci sarà tempo
Per il fumo giallo che scivola lungo la strada
Strofinando la schiena contro i vetri;
Ci sarà tempo, ci sarà tempo
Per prepararti una faccia per incontrare le facce che incontri;
Ci sarà tempo per uccidere e creare,
E tempo per tutte le opere e i giorni delle mani
Che sollevano e lasciano cadere una domanda sul tuo piatto;
Tempo per te e tempo per me,
E tempo anche per cento indecisioni,
E per cento visioni e revisioni,
Prima di prendere un tè col pane abbrustolito.
Nella stanza le donne vanno e vengono
Parlando di Michelangelo.
The love song of J. Alfred Prufrock - by: T.S. Eliot (1888-1965)
Non l’ho compresa veramente, questa poesia, la prima volta che la studiai al Liceo, né sono sicura di averla compresa ora. Eppure mi piacque subito, come quando ci si innamora con il “colpo di fulmine”. Succede, che una persona ti piaccia al primo sguardo, e pensi: ci sarà un perché.
Il mio “perché”, con Prufrock, credo fosse in quei due versi:
In the room the women come and go Talking of Michelangelo.
Capitava anche a me, di sentirmi assolutamente spersa e sola, in mezzo a gente che non badava a me, che andava e veniva, parlando d’altro, mentre io ero immersa nei pensieri labirintici, sommersi, spesso cupi, della mia adolescenza. Era il resto, che non capivo:
Ci sarà tempo, ci sarà tempo Per prepararti una faccia per incontrare le facce che incontri; […] Tempo per te e tempo per me, E tempo anche per cento indecisioni, E per cento visioni e revisioni, Prima di prendere un tè col pane abbrustolito.
Io invece non avevo tempo, avevo fretta. La fretta e l’urgenza dei miei diciotto anni, quando ti sembra che tutto debba finire da un momento all’altro e non sai nemmeno cosa sia quel “tutto”.
Non sono mai stata una persona indecisa, sapevo bene quello che avrei voluto fare, ma ero anche incastrata tra mille doveri e regole e paletti, e la lotta quotidiana contro tutto questo mi lasciava ben poche energie per preparare una faccia per incontrare le facce da incontrare…
Non avevo che la mia, e con quella cercavo di andare avanti.
No, il tormento di Prufrock non lo capivo davvero… come non si capisce davvero la persona della quale ci si innamora in un istante.
Si può amare qualcuno di cui non si riesce a comprendere che un frammento?
È forse questa la domanda lasciata cadere sul piatto?
No?
…
e qual è allora?
...
lunedì 20 aprile 2009
Dal profondo – 2
Un altro filo che tiene insieme queste poesie è il tema dello specchio. Sono sempre stata affascinata dagli specchi, fin da piccolissima. Ricordo che passavo molto tempo a guardare la mia faccia e a giocare con i riflessi dei due specchi dell’armadio dei miei genitori, uno di fronte all’altro; mi sembrava di essere all’interno di una galleria magica, in cui una serie infinita di me stesse pareva danzare ad ogni mio minimo movimento.
Mia madre e le mie zie, quando mi scoprivano ad indugiare in questo passatempo, mi apostrofavano: “Smettila! Prima o poi da quello specchio uscirà il diavolo!” oppure: “A furia di guardarti in quello specchio, ti cresceranno le corna!”
Recentemente mio nipote di cinque anni ha scoperto lo stesso gioco… mia madre però ne sorride… si sarà dimenticata dei demoniaci poteri degli specchi.
Io no.
Sono convinta che qualche effetto strano ce l’abbiano, sulla psiche umana.
Mi sono sempre domandata chi fosse la persona che rispondeva ai miei gesti al di là dello specchio, uguale a me, ma al contrario, come nel libro di Lewis Carrol*.
E quando non mi capisco, cosa che accade spesso, mi incanto ancora a guardarmi, come quando ero bambina, con un punto interrogativo sulla fronte… che siano le famose corna di cui mi parlavano?
*Lewis Carrol, Alice attraverso lo specchio, 1871
...Quando allunghi la mano
e spegni la sveglia
prima ancora che suoni.
Quando semini e poi
ti dimentichi
di portare acqua.
Quando senti un profumo
nell’aria
e ti ricorda qualcosa
che subito sfuma
nell’aria calda dell’estate.
Quando avverti un dolore
sordo
e sottile
e lo inghiotti e vai avanti
perché, tanto,
non è abbastanza forte.
Quando rimani
a guardarti
nello specchio del bagno
a chiederti che ne sarà
dei sentimenti inespressi.
Mara Bagatella
12 settembre 2008
...
Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.
sabato 18 aprile 2009
Mai sola
"Polenta" - acquaforte acquarellata - Mara Bagatella 1994
Qualche settimana fa è venuta a trovarmi a casa la mia amica Michela, con la sua bellissima bambina di 4 mesi. Si è seduta, abbiamo preso un caffè, abbiamo chiacchierato e ad un certo punto se n’è uscita con questa frase: “La tua casa non sembra affatto quella di una persona sola. Dà l’impressione che tu ci abiti con qualcuno.”
Dato che avevo appena sistemato il soggiorno, proprio in previsione della sua visita, non credo si riferisse al disordine… e nemmeno alla mia coniglia Minni, che è l’unica mia coinquilina.
In realtà non è una frase nuova, anzi, ultimamente mi viene detta spesso.
La prima volta me la disse il mio professore di incisione dell’Accademia, durante uno stage, diversi anni fa. Eravamo in un posto molto bello che si chiama “Casa dell’artista” a Canale di Tenno, e disegnavamo gli antichi attrezzi contadini del piccolo museo locale. Io avevo scelto il paiolo di rame per fare la polenta.
“La Mara non è mai sola” mi disse mentre ero intenta a tracciare i contorni del viso di una vecchia immaginaria, con il naso dentro il paiolo.
Sguardi interrogativi.
Il mio e quelli dei miei compagni di corso che stavano disegnando accanto a me. Non sono mai riuscita a capire esattamente a cosa si riferisse… forse alla quantità di personaggi immaginari che affollavano i miei fogli da disegno.
…
è una frase che mi sono sentita dire altre volte, in seguito. Ormai ho capito che la gente mi percepisce così.
Eppure, ogni volta mi stupisce. Perché io mi sento sola, eccome.
Beh, non in continuazione, questo no… a giorni alterni, diciamo così... a periodi, ecco. Sono cosciente di avere accanto molte persone che mi vogliono bene, disposte ad ascoltarmi e a darmi aiuto in caso di bisogno. Eppure ci sono giorni in cui la sensazione di vuoto pneumatico intorno a me è assoluta, nulla sembra poterla scalfire. Non mi fa paura, ma mi rende profondamente triste.
E allora, cosa faccio? Qualche volta prendo in mano il cellulare e chiamo il mondo. È una soluzione un po’ costosa, ma efficace. Altre volte, invece, non faccio proprio niente… mi metto alla finestra, a guardare la pioggia, e ascolto la mia solitudine: a farci attenzione, si imparano un sacco di cose…
Ciò che mi meraviglia è che le persone si soffermino ad osservare proprio questo lato di me, privilegiandolo rispetto ad altri. Probabilmente il “fattore solitudine” ha un fascino tutto suo… sentirsi soli e tuttavia in pace con se stessi sembra un abbinamento molto strano.
Beh, vi do una notizia, gente: non sono così strana, mi sento sola esattamente come voi, e nient’affatto in pace. Siamo tutti soli, in un modo o nell’altro, questo l’ho scoperto diverso tempo fa.
È altrettanto vero però che siamo sempre in compagnia di noi stessi… peccato che quella sia una compagnia tanto sottovalutata…
...
giovedì 16 aprile 2009
The love song of J. Alfred Prufrock (parte II)
In the room the women come and go
Talking of Michelangelo.
The yellow fog that rubs its back upon the window-panes,
The yellow smoke that rubs its muzzle on the window-panes,
Licked its tongue into the corners of the evening,
Lingered upon the pools that stand in drains,
Let fall upon its back the soot that falls from chimneys,
Slipped by the terrace, made a sudden leap,
And seeing that it was a soft October night,
Curled once about the house, and fell asleep.
Quando lessi per la prima volta questa poesia ero in quinta Liceo Scientifico, e naturalmente ci rimasi malissimo quando mi resi conto che “Il canto d’amore…” non aveva nulla a che fare con l’amore, almeno per come lo intendevo io a 18 anni.
Un titolo incongruente. Un’introduzione tratta dalla Divina Commedia. Un inizio davvero poco incoraggiante… e poi… queste donne che vanno e vengono, parlando di Michelangelo… da dove vengono? E dove vanno?
Nella stanza le donne vanno e vengono
Parlando di Michelangelo.
La nebbia gialla che strofina la schiena contro i vetri,
Il fumo giallo che strofina il suo muso contro i vetri
Lambì con la sua lingua gli angoli della sera,
Indugiò sulle pozze stagnanti negli scoli,
Lasciò che gli cadesse sulla schiena la fuliggine che cade dai camini,
Scivolò sul terrazzo, spiccò un balzo improvviso,
E vedendo che era una soffice sera d'ottobre
S'arricciolò attorno alla casa, e si assopì.
Eppure è assolutamente straordinaria, questa descrizione che Eliot fa della nebbia, che si muove attorno alla casa come se fosse un gatto. Diventa viva, inquietante, pensante persino.
La nebbia la ricordo bene, al Liceo. Dall’inizio dell’autunno e per tutto l’inverno c’era la nebbia, in quella conca infernale in cui l’avevano costruito. Partivo da casa che c’era il sole, e quel cielo azzurro tagliente come una lama delle mattine d’inverno. Dopo cinque chilometri l’autobus ripiombava nella notte… e quando arrivava a scuola sembrava che la nebbia avesse preso casa lì, che aspettasse i liceali apposta, per creare una cortina tra la loro adolescenza e il mondo.
Era la parte che preferivo, “The yellow fog”, soprattutto per “gli angoli della sera” e la “soffice sera d’ottobre” .
Da un’immagine all’altra, anche Eliot sembra muoversi come un gatto: osserva una cosa, socchiude gli occhi gialli e poi… spicca un balzo improvviso e sembra parlare d’altro.
Invece è sempre lì, nella stessa stanza, e le stesse donne avanti e indietro, parlando di Michelangelo…
...
Verde
...
Ce l'ho fatta! Sono riuscita ad inserire le foto della passeggiata di Pasquetta a Cornedo... che bellissima giornata ho trascorso! Non so se ci avete fatto caso, ma in questa stagione si vedono così tante tonalità diverse di verde... in estate si perdono un po', diventa tutto più omogeneo...
Ce l'ho fatta! Sono riuscita ad inserire le foto della passeggiata di Pasquetta a Cornedo... che bellissima giornata ho trascorso! Non so se ci avete fatto caso, ma in questa stagione si vedono così tante tonalità diverse di verde... in estate si perdono un po', diventa tutto più omogeneo...
martedì 14 aprile 2009
Narciso
...
Tu
che lucidamente rifletti,
Specchio,
dimmi:
di chi è
quella ruga nuova tra le sopracciglia
quell’ironico sorriso?
Tu che troneggi
sul mio lavandino
reale
mi sveli
o forse no?
Oh, come ti cambierei volentieri
con una pozza d’acqua
cristallina e scura
nel cuore di un bosco ombroso!
Allora si
che mi chinerei ad essa
come un fiore innamorato
della sua stessa ombra.
Cadervi
ed annegare
potrebbe essere
l’unico modo
per riconoscermi.
Mara Bagatella - 24/06/2008
Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.
Tu
che lucidamente rifletti,
Specchio,
dimmi:
di chi è
quella ruga nuova tra le sopracciglia
quell’ironico sorriso?
Tu che troneggi
sul mio lavandino
reale
mi sveli
o forse no?
Oh, come ti cambierei volentieri
con una pozza d’acqua
cristallina e scura
nel cuore di un bosco ombroso!
Allora si
che mi chinerei ad essa
come un fiore innamorato
della sua stessa ombra.
Cadervi
ed annegare
potrebbe essere
l’unico modo
per riconoscermi.
Mara Bagatella - 24/06/2008
Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.
domenica 12 aprile 2009
Promemoria
All'inizio della Quaresima avevo scritto che mi sarei messa in attesa di qualcosa. Forse quel "qualcosa" è arrivato, anche se non ha la forma che avevo immaginato... infatti ha preso la forma di un cartello, che ho appeso in casa mia. C'è scritto:
promemoria
... a quell'altro deve importare
MOLTO
... a quell'altro deve importare
MOLTO
... sottointeso: di me.
Mi sono stancata di persone alle quali importa poco o nulla dei miei sentimenti, delle mie reazioni, delle mie sensazioni o dei miei sogni. Anche perchè ce ne sono altre a cui importa, e molto, di me. Mi sono accorta di averle trascurate, in questi ultimi mesi.
Ora basta. La Primavera è arrivata, il glicine è fiorito. Sugli alberi le foglie sono nuove, tenere, di una tonalità di verde quasi commovente... è tempo di cose nuove.
...
qualcosa che somiglia all’amore
...
Una profonda commozione mi coglie
nel guardare i monti
e gli alberi gocciolanti la neve che si scioglie,
e una nebbia leggera che accarezza la valle…
E mi sovviene come ognuno,
nella sua forma e col suo colore,
condivida con gli altri esseri
il segreto intimo dell’esistenza
che ricolma i vuoti
e fa vibrare gli animi.
Lorena
...
... e con questa bellissima poesia di Lorena mando un abbraccio a tutti voi e vi auguro Buona Pasqua.
Mara
...
Una profonda commozione mi coglie
nel guardare i monti
e gli alberi gocciolanti la neve che si scioglie,
e una nebbia leggera che accarezza la valle…
E mi sovviene come ognuno,
nella sua forma e col suo colore,
condivida con gli altri esseri
il segreto intimo dell’esistenza
che ricolma i vuoti
e fa vibrare gli animi.
Lorena
...
... e con questa bellissima poesia di Lorena mando un abbraccio a tutti voi e vi auguro Buona Pasqua.
Mara
...
giovedì 9 aprile 2009
The love song of J. Alfred Prufrock (parte I)
...
THE LOVE SONG OF J. ALFRED PRUFROCK
by: T.S. Eliot (1888-1965)
S'io credesse che mia risposta fosse
A persona che mai tornasse al mondo,
Questa fiamma staria senza più scosse.
Ma perciocché giammai di questa fondo
Non tornò vivo alcun, s'i' odo il vero,
Senza tema d'infamia ti rispondo.
Let us go then, you and I,
When the evening is spread out against the sky
Like a patient etherized upon a table;
Let us go, through certain half-deserted streets,
The muttering retreats
Of restless nights in one-night cheap hotels
And sawdust restaurants with oyster-shells:
Streets that follow like a tedious argument
Of insidious intent
To lead you to an overwhelming question ...
Oh, do not ask, "What is it?"
Let us go and make our visit.
Il canto d'amore di J. Alfred Prufrock (1917)
Allora andiamo, tu ed io,
Quando la sera si stende contro il cielo
Come un paziente eterizzato disteso su una tavola;
Andiamo, per certe strade semideserte,
Mormoranti ricoveri
Di notti senza riposo in alberghi di passo a poco prezzo
E ristoranti pieni di segatura e gusci d'ostriche;
Strade che si succedono come un tedioso argomento
Con l'insidioso proposito
Di condurti a domande che opprimono...
Oh, non chiedere « Cosa? »
Andiamo a fare la nostra visita.
Non chiedetemi perché mi piace Eliot, non ve lo saprei dire. Me l’hanno chiesto anche all’esame di Maturità al Liceo (e mi era stato detto: “te lo chiederanno, perché ti piace”) ed ho fatto la pessima figura di non saperlo spiegare, nemmeno in italiano…
Anche all’Accademia di Belle Arti, ho fatto una pessima figura grazie ad Eliot: il lavoro di illustrazione di “The love song of J. Alfred Prufrock” è quasi sicuramente il più brutto di tutta la mia carriera di studentessa… eppure io amo questo autore, amo questa poesia e per illustrarla avevo messo tutto l’impegno possibile…
Il professore di Letteratura se ne accorse subito: chiuse il book che avevo preparato con tanta fatica durante l’estate e mi interrogò per oltre un’ora, su tutti gli autori che aveva spiegato durante l’anno… escluso T. S. Eliot.
Me ne uscii dall’aula con un trenta sul libretto, ma sconsolata e delusa: let us go then, you and I… perché amo tanto Eliot? Cos’è questa tensione che riesce a trasmettermi? Questa malinconia? E perché non riesco, io, pittrice, a tradurre in immagini queste, che sono immagini/ parole/ immagini, poesia visiva?
Streets that follow like a tedious argument
Of insidious intent
To lead you to an overwhelming question ... qual è la domanda opprimente?
…
Oh, do not ask, "What is it?"
…
(...continua)
THE LOVE SONG OF J. ALFRED PRUFROCK
by: T.S. Eliot (1888-1965)
S'io credesse che mia risposta fosse
A persona che mai tornasse al mondo,
Questa fiamma staria senza più scosse.
Ma perciocché giammai di questa fondo
Non tornò vivo alcun, s'i' odo il vero,
Senza tema d'infamia ti rispondo.
Let us go then, you and I,
When the evening is spread out against the sky
Like a patient etherized upon a table;
Let us go, through certain half-deserted streets,
The muttering retreats
Of restless nights in one-night cheap hotels
And sawdust restaurants with oyster-shells:
Streets that follow like a tedious argument
Of insidious intent
To lead you to an overwhelming question ...
Oh, do not ask, "What is it?"
Let us go and make our visit.
Il canto d'amore di J. Alfred Prufrock (1917)
Allora andiamo, tu ed io,
Quando la sera si stende contro il cielo
Come un paziente eterizzato disteso su una tavola;
Andiamo, per certe strade semideserte,
Mormoranti ricoveri
Di notti senza riposo in alberghi di passo a poco prezzo
E ristoranti pieni di segatura e gusci d'ostriche;
Strade che si succedono come un tedioso argomento
Con l'insidioso proposito
Di condurti a domande che opprimono...
Oh, non chiedere « Cosa? »
Andiamo a fare la nostra visita.
Non chiedetemi perché mi piace Eliot, non ve lo saprei dire. Me l’hanno chiesto anche all’esame di Maturità al Liceo (e mi era stato detto: “te lo chiederanno, perché ti piace”) ed ho fatto la pessima figura di non saperlo spiegare, nemmeno in italiano…
Anche all’Accademia di Belle Arti, ho fatto una pessima figura grazie ad Eliot: il lavoro di illustrazione di “The love song of J. Alfred Prufrock” è quasi sicuramente il più brutto di tutta la mia carriera di studentessa… eppure io amo questo autore, amo questa poesia e per illustrarla avevo messo tutto l’impegno possibile…
Il professore di Letteratura se ne accorse subito: chiuse il book che avevo preparato con tanta fatica durante l’estate e mi interrogò per oltre un’ora, su tutti gli autori che aveva spiegato durante l’anno… escluso T. S. Eliot.
Me ne uscii dall’aula con un trenta sul libretto, ma sconsolata e delusa: let us go then, you and I… perché amo tanto Eliot? Cos’è questa tensione che riesce a trasmettermi? Questa malinconia? E perché non riesco, io, pittrice, a tradurre in immagini queste, che sono immagini/ parole/ immagini, poesia visiva?
Streets that follow like a tedious argument
Of insidious intent
To lead you to an overwhelming question ... qual è la domanda opprimente?
…
Oh, do not ask, "What is it?"
…
(...continua)
martedì 7 aprile 2009
Risveglio
...
(domenica 5 aprile 2009)
Domenica scorsa è stata una giornata strana, degna conclusione di una settimana che definire “sballata” sarebbe poco. Tutta una serie di piccoli, noiosi, fastidiosi eventi si sono susseguiti senza darmi tregua… non sono nemmeno riuscita ad aggiornare il Blog per problemi tecnici. In più, ero già fuori fase per conto mio, a causa del cambio d’orario… in più, sono già in crisi nervosa causa cambiamento di stagione…
Si, lo so, lo so… ho detto in mille salse che la stavo aspettando con trepidazione, questa Primavera, e adesso mi lamento.
In realtà, non è della Primavera che mi sto lamentando, ma forse del fatto che non riesco a godermela nemmeno un po’, questa bella stagione, perché tutto il mondo attorno a me sembra impazzito… o forse lo era già da prima, e io non lo vedevo… eh, già, come avrei potuto vederlo? Ero in letargo…
Si, dormivo, ho dormito tanto, e con ciò? Non lo rimpiango affatto: sognavo così bene! E adesso che ho aperto gli occhi e messo il naso fuori dalla tana, la tentazione sarebbe quella di rituffarsi sotto le coperte, perché ciò che ho visto non mi è piaciuto affatto.
La Primavera non è tutta violette e uccellini cinguettanti, in realtà: spesso è vento, pioggia, sentieri fangosi e raffreddori. Fastidiose necessità, bisogno di cibo, perché dal letargo ci si sveglia dimagriti, affamati e nervosi. Roarrr… grrr… mi sento molto solidale con gli orsi in questo periodo…
(domenica 5 aprile 2009)
Domenica scorsa è stata una giornata strana, degna conclusione di una settimana che definire “sballata” sarebbe poco. Tutta una serie di piccoli, noiosi, fastidiosi eventi si sono susseguiti senza darmi tregua… non sono nemmeno riuscita ad aggiornare il Blog per problemi tecnici. In più, ero già fuori fase per conto mio, a causa del cambio d’orario… in più, sono già in crisi nervosa causa cambiamento di stagione…
Si, lo so, lo so… ho detto in mille salse che la stavo aspettando con trepidazione, questa Primavera, e adesso mi lamento.
In realtà, non è della Primavera che mi sto lamentando, ma forse del fatto che non riesco a godermela nemmeno un po’, questa bella stagione, perché tutto il mondo attorno a me sembra impazzito… o forse lo era già da prima, e io non lo vedevo… eh, già, come avrei potuto vederlo? Ero in letargo…
Si, dormivo, ho dormito tanto, e con ciò? Non lo rimpiango affatto: sognavo così bene! E adesso che ho aperto gli occhi e messo il naso fuori dalla tana, la tentazione sarebbe quella di rituffarsi sotto le coperte, perché ciò che ho visto non mi è piaciuto affatto.
La Primavera non è tutta violette e uccellini cinguettanti, in realtà: spesso è vento, pioggia, sentieri fangosi e raffreddori. Fastidiose necessità, bisogno di cibo, perché dal letargo ci si sveglia dimagriti, affamati e nervosi. Roarrr… grrr… mi sento molto solidale con gli orsi in questo periodo…
sabato 4 aprile 2009
Stelle sull’asfalto
...
C’è una sorta di dolce poesia nelle strade le sere che piove.
Sono le piccole luci riflesse nelle pozzanghere e nell’asfalto bagnato.
Sembrano infinite minuscole stelle, sfavillii di festose danze;
tante lucciole magiche che, chissà se per errore o per quale altro incanto,
trasformano il pavimento in un piccolo cielo.
Lorena
Sono molto felice di ospitare da oggi le poesie di Lorena; assieme alle illustrazioni di Giovanna e Claudia sono un prezioso contributo a questo Blog, che spero si arricchirà sempre di più grazie a questi contributi graditi... questa poesia è bellissima, sembra un piccolo quadro. Grazie all'autrice di avercela donata...
C’è una sorta di dolce poesia nelle strade le sere che piove.
Sono le piccole luci riflesse nelle pozzanghere e nell’asfalto bagnato.
Sembrano infinite minuscole stelle, sfavillii di festose danze;
tante lucciole magiche che, chissà se per errore o per quale altro incanto,
trasformano il pavimento in un piccolo cielo.
Lorena
Sono molto felice di ospitare da oggi le poesie di Lorena; assieme alle illustrazioni di Giovanna e Claudia sono un prezioso contributo a questo Blog, che spero si arricchirà sempre di più grazie a questi contributi graditi... questa poesia è bellissima, sembra un piccolo quadro. Grazie all'autrice di avercela donata...
venerdì 3 aprile 2009
Il Reuccio fatto a mano
...
O nonna, o nonna! deh com'era bella
Quand'ero bimbo! ditemela ancor,
Ditela a quest'uom savio la novella
Di lei che cerca il suo perduto amor!
— Sette paia di scarpe ho consumate
Di tutto ferro per te ritrovare:
Sette verghe di ferro ho logorate
Per appoggiarmi nel fatale andare:
Sette fiasche di lacrime ho colmate,
Sette lunghi anni, di lacrime amare:
Tu dormi a le mie grida disperate,
E il gallo canta, e non ti vuoi svegliare.
Quand'ero bimbo! ditemela ancor,
Ditela a quest'uom savio la novella
Di lei che cerca il suo perduto amor!
— Sette paia di scarpe ho consumate
Di tutto ferro per te ritrovare:
Sette verghe di ferro ho logorate
Per appoggiarmi nel fatale andare:
Sette fiasche di lacrime ho colmate,
Sette lunghi anni, di lacrime amare:
Tu dormi a le mie grida disperate,
E il gallo canta, e non ti vuoi svegliare.
Da “Davanti a San Guido” (Giosuè Carducci)
Quando ero bambina, in una vecchia antologia dei miei genitori, lessi questo brano di poesia, e mi piacque moltissimo: lo trovavo triste e commovente, e mi chiedevo come andasse a finire poi la storia, ma la poesia di Carducci non lo diceva. Ci volle del tempo per risalire alla fiaba di cui parla il poeta: si tratta de “La storia di re Crin” o più semplicemente “Re Crin”, trascritta da Italo Calvino nella sua raccolta di Fiabe Italiane. È una fiaba imparentata con il mito di Amore e Psiche, poiché narra di uno sposo che non può essere veduto nel suo vero aspetto: di giorno ha l’aspetto di un porco, ma quando la moglie, curiosa, spiandolo nella notte, ne scopre le sembianze bellissime, lui scompare, e lei è costretta a cercarlo per sette lunghi anni.
All’interno della raccolta di Calvino, però, c’è un’altra versione della stessa fiaba, che a me piace ancora di più, perché ha un incipit davvero insolito: la versione, calabrese, si intitola “Il Reuccio fatto a mano” e inizia con una principessa alquanto bisbetica, che non vuole sposare nessuno dei suoi pretendenti:
“Il padre la chiamò e le disse: - Figlia mia, perché non ti vuoi maritare?
- Papà, - lei rispose, - se volete che mi mariti, datemi un cantàro di farina e un cantàro di zucchero che il fidanzato voglio farmelo io con le mie mani.
Ecco qua. Questa tipa a me sta proprio simpatica. Perché si rimbocca le maniche e si mette al lavoro. Sei mesi a setacciare la farina; sei mesi ad impastare. Poi non le piace come è venuto, allora lo disfa e lo rifà di nuovo. Finché non le riesce proprio come lo voleva lei… ma non è finita qui. Il Reuccio adesso è fatto ma non parla. Allora lei lo mette in una nicchia e per altri sei mesi gli canta questa canzone:
Re Pipi fatto a mano,
Senza penna e calamaro,
Sei mesi a setacciarti,
Sei mesi ad impastarti,
Sei mesi per spastarti,
Sei mesi per rifarti,
Sei mesi alla nicchiola
E ti viene la parola!
Senza penna e calamaro,
Sei mesi a setacciarti,
Sei mesi ad impastarti,
Sei mesi per spastarti,
Sei mesi per rifarti,
Sei mesi alla nicchiola
E ti viene la parola!
E, alla fine, i suoi sforzi vengono ricompensati: re Pipi si mette anche a parlare. Questa storia naturalmente va interpretata: secondo me il senso non è che per trovare l’uomo perfetto ce lo dobbiamo costruire su misura… anche se a volte viene da pensarlo… in realtà credo che la fiaba parli della costruzione di una relazione. La protagonista passa sei mesi a setacciare la farina, altri sei mesi a lavorare la pasta… e non esita a disfare tutto e a ricominciare daccapo, quando si accorge che le cose non vanno nel verso giusto. Di sei mesi in sei mesi, il calcolo è facile: due anni e mezzo.
Mi fa pensare a quanto poco noi lavoriamo per costruire le nostre relazioni, a quanta fretta mettiamo nei nostri innamoramenti o nelle nostre amicizie, che magari poi abbandoniamo altrettanto velocemente quando ci accorgiamo di quanto poco ci soddisfino. Con quanta leggerezza ci aspettiamo che le persone si aprano subito al dialogo, che si fidino di noi, quando invece ci vuole tanta di quella pazienza…
Ma la fiaba non finisce qui… dopo tanto lavoro e fatica, salta fuori la rivale invidiosa, che ruba lo sposo alla principessa.
- Mi chiuderò nella mia stanza col mio dispiacere e non voglio più saper niente.-
Ma chiusa nella sua stanza non ci stette molto…
Figuriamoci se una tipa del genere si chiude in una stanza a piangere! Ovviamente, no. Si mette subito in viaggio alla ricerca del suo Reuccio, del resto, è da capire, dopo tutta la fatica che ha fatto…
Non starò a raccontarvi del lungo viaggio della principessa e di come alla fine lei riesca a riprendersi lo sposo, ingannando la rivale, che, tra parentesi, è una potente Maga. Trattandosi di una fiaba, il lieto fine è scontato.
Due parole però le voglio spendere sul protagonista maschile, che per tutto il tempo, mentre sua moglie affronta mille traversie per ritrovarlo, se ne sta a sollazzarsi dalla Maga, senza altre scuse che di essere sotto incantesimo… e quando lei lo ritrova, dorme (gli hanno fatto bere un sonnifero, vabbè…) e alla principessa ci vogliono tre notti di pianti disperati per svegliarlo. Che barba, però! Alla Bella Addormentata è bastato un bacetto! Ma quanta fatica bisogna fare per questi uomini!
...
giovedì 2 aprile 2009
Eburnea
...
Perfetto
nella tua torre bianca
a che vale gridarti
che t’amo?
Tu dormi
ed io
che di voce ne ho poca
attenderò piuttosto
che crolli la torre
dato che,
ne sono certa,
a questo mondo
non c’è nulla di
perfetto.
Mara Bagatella - 3 novembre 2008
...
Questo opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.
Perfetto
nella tua torre bianca
a che vale gridarti
che t’amo?
Tu dormi
ed io
che di voce ne ho poca
attenderò piuttosto
che crolli la torre
dato che,
ne sono certa,
a questo mondo
non c’è nulla di
perfetto.
Mara Bagatella - 3 novembre 2008
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mercoledì 1 aprile 2009
Buon Compleanno!
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