...
Ieri era il 25 novembre e si è celebrata la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne.
Due cose mi hanno stupita, ieri: la prima è averne sentito parlare alla radio con un'enfasi mai avvertita negli anni scorsi. Della televisione non so dire, perchè non ce l'ho.
La seconda sono stati alcuni commenti letti su Facebook, da parte di (pochi, per fortuna) maschi molto giovani di mia conoscenza, che in maniera diversa, ma ugualmente superficiale, banalizzavano l'evento.
La cosa mi ha dato da pensare: spesso si presume, erroneamente, che la giovane età e la capacità di navigare in Internet siano di per sè dei segnali di maggiore apertura mentale e di capacità di informarsi.
Niente di più sbagliato...
L'apertura mentale è una caratteristica personale, che può essere incrementata o scoraggiata dall'ambiente in cui si vive, principalmente la famiglia in cui si è avuto la fortuna o la sfortuna di nascere, e in secondo luogo dalla scuola che si frequenta, dagli insegnanti, e, più avanti dalle amicizie e dagli ambienti che si sceglie di frequentare.
Man mano che l'età aumenta, diventa sempre meno una questione di fortuna e sempre più una responsabilità personale.
La capacità di informarsi e di far crescere il proprio spirito critico è proporzionale alla propria apertura mentale, e per chi non ne è sufficientemente fornito, Internet è un mezzo di comunicazione piuttosto pericoloso, poichè il numero di informazioni è enorme e si diffonde in modo veloce e incontrollato.
A volte mi viene da paragonarlo a un fiume dal fondo sabbioso, di quelli che i cercatori d'oro setacciavano in cerca di pepite... quintali di sabbia da passare al setaccio, in cambio dell'oro...
Questa poesia di Joumana Haddad è la pepita più bella che ho trovato in questi giorni.
Nessuno può immaginare
quel che dico quando me ne sto in silenzio
chi vedo quando chiudo gli occhi
come vengo sospinta quando vengo sospinta
cosa cerco quando lascio libere le mani.
Nessuno, nessuno sa
quando ho fame quando parto
quando cammino e quando mi perdo,
e nessuno sa
che per me andare è ritornare
e ritornare è indietreggiare,
che la mia debolezza è una maschera
e la mia forza è una maschera,
e quel che seguirà è una tempesta.
Credono di sapere
e io glielo lascio credere
e io avvengo.
Hanno costruito per me una gabbia affinché la mia libertà
fosse una loro concessione
e ringraziassi e obbedissi.
Ma io sono libera prima e dopo di loro,
con loro e senza loro
sono libera nella vittoria e nella sconfitta.
La mia prigione è la mia volontà!
La chiave della mia prigione è la loro lingua
ma la loro lingua si avvinghia intorno alle dita del mio
desiderio
e il mio desiderio non riusciranno mai a domare.
Sono una donna.
Credono che la mia libertà sia loro proprietà
e io glielo lascio credere
e avvengo.
Joumana Haddad, Sono una donna
lunedì 26 novembre 2012
giovedì 22 novembre 2012
Questa volta sciopero anch'io...
... e vi spiego il perchè, pubblicando il testo del volantino che spiega le ragioni della protesta.
Quando ero una studentessa, ricordo diversi scioperi degli insegnanti (soprattutto quando frequentavo la seconda media) e la cosa mi lasciava tra l'indifferenza (non ne capivo i motivi) e la contentezza per il regalo di un giorno di vacanza supplementare.
Per questo da quando sono insegnante sciopero il meno possibile e se lo faccio cerco l'occasione di spiegarne i motivi agli alunni e ai genitori con cui riesco a parlare.
Nella mia carriera di studentessa non ho avuto molti buoni insegnanti, ricordo che solo una volta, in seconda Liceo, un mio insegnante (tra l'altro, uno dei più bravi) si prese la briga di cercare di spiegarci come mai lui aveva deciso di aderire ad uno sciopero.
Io credo che oggi la scuola sia diversa da quella di trenta anni fa, io mi sono sempre impeganta perchè fosse diversa, per dare ai miei alunni più di quanto avessi ricevuto, specialmente nella mia materia. So che ci sono tanti insegnanti che fanno come me, e se ancora ce ne sono che lavorano poco e male, non è certo tagliando i fondi che si risolverà il problema. Ci vogliono riforme serie, non tagli indiscriminati.
PERCHÈ NOI LAVORATORI DELLA SCUOLA STIAMO PROTESTANDO
• Da anni siamo bersaglio di una campagna denigratoria attuata in modo sistematico e con un accanimento speciale. Si vuol fare passare l'idea che ciò che è pubblico è inefficiente e perciò si può tagliare. Vi fanno credere che un professore lavora 18 ore e una maestra 22, ma non vi dicono che quelle sono le ore di lezione in classe, non di lavoro. Al di fuori di quel tempo c'è una mole di ore non riconosciute: lezioni da preparare, compiti da correggere, documenti da compilare, incontri di aggiornamento, riunioni per organizzare le attività, rapporti coi genitori e altro ancora. Senza contare che lavorare con i ragazzi è un compito impegnativo e delicato, appassionante ma, come sapete bene anche voi genitori, alquanto faticoso.
• L'Italia ha smesso da tempo di credere nella scuola: tra i paesi dell'OCSE siamo al penultimo posto per investimenti nell'istruzione pubblica (4,7% del Pil). I contributi che i genitori versano a inizio anno coprono ormai più di un terzo delle spese di funzionamento delle scuole (media nazionale).
• Da anni abbiamo il contratto bloccato e hanno bloccato anche gli scatti di anzianità. Questo in media ci costa 240 euro al mese con stipendi che, a parità di orario, sono già il 40% in meno dei nostri colleghi europei. Vediamo le famiglie dei nostri alunni: molti genitori sono in cassa integrazione o hanno problemi economici. Non è possibile che il peso del risanamento dei conti dell'Italia sia caricato per la maggior parte sulle spalle dei lavoratori dipendenti e dei pensionati. Non si toccano i grandi patrimoni, non si mettono in discussione i privilegi dei politici o le spese militari.
• L'orario di lavoro è normato dal contratto. Un ministro che, com'è appena accaduto, decide di modificarlo per legge dimostra di tenere in ben poco conto i diritti dei lavoratori. Questo apre la strada a una società in cui calpestare i diritti dei lavoratori dipendenti diventerà sempre più facile e frequente. E i danni per una scuola peggiore e per una società più ingiusta non li pagherà solo chi lavora nella scuola, li pagherà tutta l'Italia.
24 novembre 2012
Quando ero una studentessa, ricordo diversi scioperi degli insegnanti (soprattutto quando frequentavo la seconda media) e la cosa mi lasciava tra l'indifferenza (non ne capivo i motivi) e la contentezza per il regalo di un giorno di vacanza supplementare.
Per questo da quando sono insegnante sciopero il meno possibile e se lo faccio cerco l'occasione di spiegarne i motivi agli alunni e ai genitori con cui riesco a parlare.
Nella mia carriera di studentessa non ho avuto molti buoni insegnanti, ricordo che solo una volta, in seconda Liceo, un mio insegnante (tra l'altro, uno dei più bravi) si prese la briga di cercare di spiegarci come mai lui aveva deciso di aderire ad uno sciopero.
Io credo che oggi la scuola sia diversa da quella di trenta anni fa, io mi sono sempre impeganta perchè fosse diversa, per dare ai miei alunni più di quanto avessi ricevuto, specialmente nella mia materia. So che ci sono tanti insegnanti che fanno come me, e se ancora ce ne sono che lavorano poco e male, non è certo tagliando i fondi che si risolverà il problema. Ci vogliono riforme serie, non tagli indiscriminati.
PERCHÈ NOI LAVORATORI DELLA SCUOLA STIAMO PROTESTANDO
• Da anni siamo bersaglio di una campagna denigratoria attuata in modo sistematico e con un accanimento speciale. Si vuol fare passare l'idea che ciò che è pubblico è inefficiente e perciò si può tagliare. Vi fanno credere che un professore lavora 18 ore e una maestra 22, ma non vi dicono che quelle sono le ore di lezione in classe, non di lavoro. Al di fuori di quel tempo c'è una mole di ore non riconosciute: lezioni da preparare, compiti da correggere, documenti da compilare, incontri di aggiornamento, riunioni per organizzare le attività, rapporti coi genitori e altro ancora. Senza contare che lavorare con i ragazzi è un compito impegnativo e delicato, appassionante ma, come sapete bene anche voi genitori, alquanto faticoso.
• L'Italia ha smesso da tempo di credere nella scuola: tra i paesi dell'OCSE siamo al penultimo posto per investimenti nell'istruzione pubblica (4,7% del Pil). I contributi che i genitori versano a inizio anno coprono ormai più di un terzo delle spese di funzionamento delle scuole (media nazionale).
• Da anni abbiamo il contratto bloccato e hanno bloccato anche gli scatti di anzianità. Questo in media ci costa 240 euro al mese con stipendi che, a parità di orario, sono già il 40% in meno dei nostri colleghi europei. Vediamo le famiglie dei nostri alunni: molti genitori sono in cassa integrazione o hanno problemi economici. Non è possibile che il peso del risanamento dei conti dell'Italia sia caricato per la maggior parte sulle spalle dei lavoratori dipendenti e dei pensionati. Non si toccano i grandi patrimoni, non si mettono in discussione i privilegi dei politici o le spese militari.
• L'orario di lavoro è normato dal contratto. Un ministro che, com'è appena accaduto, decide di modificarlo per legge dimostra di tenere in ben poco conto i diritti dei lavoratori. Questo apre la strada a una società in cui calpestare i diritti dei lavoratori dipendenti diventerà sempre più facile e frequente. E i danni per una scuola peggiore e per una società più ingiusta non li pagherà solo chi lavora nella scuola, li pagherà tutta l'Italia.
24 novembre 2012
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