Proverbio applicabile a tante situazioni... ma il significato è chiaro. Quando ci si isola dagli altri, non si condivide nulla, si finisce per deperire, consumarsi, morire, nell'indifferenza generale. Questo vale per singole persone, gruppi, idee...
Per quanto mi riguarda, ho invitato a cena un po' di streghe simpatiche per Samhain (Halloween). Credo che gli spiriti gradiranno. Così rimango in tema, sia col mangiare sia col morire.
Felice Samhain!
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Ieri ho inaugurato una nuova abitudine: il SI-Day, ovvero il giorno senza Internet. Ho deciso che sarà il giovedì, dato che la sera ho lezione di danza del ventre e ceno molto tardi.
In effetti sono un po' in crisi con il blog. In questo periodo sto abbastanza bene, sono di buon umore e di conseguenza sono poco creativa.
Non mi vengono pensieri profondi, nè poesie, nè altro da scrivere.
Mi godo il momento, tanto so che non durerà a lungo...
Altra cosa che mi ha mandato in tilt in questi giorni è il nuovo sito di VicenzaInsieme, (di cui vedete il simbolo con il link qui a destra) l'Associazione di promozione sociale di cui faccio parte.
Capire come funziona, gestire la pagina Facebook, gestire il nuovo Forum... beh, per una che ha l'ADSL in casa da meno di un anno non sono cose facili da imparare, tutte in una volta, poi...
Insomma, mi è sembrato giusto mettere dei paletti all'uso che sto facendo di Internet. Adoro Internet, adoro il mio blog, mi piace un sacco pure Facebook (so che a molti non piace, ero molto scettica anch'io all'inizio, ma ora mi diverto). Però Internet non è tutto. La vita vera è una cosa diversa. Stamattina per esempio (il venerdì è il mio giorno libero) sono andata a prendere Luna, la cagnolina dei miei genitori, che erano via, e mi sono dedicata un po' alle mie amate piante sul terrazzo.
Lo stereo suonava un CD di Mozart, la terra dei vasi mi si infilava sulle unghie, Luna mi guardava beata, il sole splendeva e il cielo era azzurro.
Ho avuto la mia mezz'ora di felicità. E non l'ho trovata su Internet...
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...(immagine dal web)
"Vita brevis, ars longa, occasio praeceps,
experimentum periculosum, iudicium difficile"- Ippocrate -
...Non c'è niente di più spiazzante che ricevere un regalo quando meno te l'aspetti.
Qualche giorno fa me ne ha fatto uno la mia nuova alunna down. Ai consigli di classe, l'insegnante di sostegno ha avvertito tutti i professori che la nostra allieva è già molto "scolarizzata", cioè è molto preparata per quanto riguarda tutto ciò che concerne la scuola. Sa usare penne, matite, quaderni, scrive, legge (non tutte le parole), insomma, quello che lei si aspetta dalla scuola è "fare i compiti".
Invece c'è qualche difficoltà di relazione con i compagni. Fa molta fatica a parlare, non interagisce molto con i ragazzini della sua età, quando le si fanno richieste diverse da quelle prettamente scolastiche lei non sa come comportarsi.
Perciò noi insegnanti siamo stati invitati a curare più l'aspetto relazionale piuttosto che quello scolastico.
Così ci sto provando. Le chiedo di passare tra i banchi a raccogliere i disegni dei compagni, di accompagnarmi quando vado in laboratorio a prendere qualcosa. L'altro giorno due ragazzini seduti vicino a lei si sono messi a litigare rumorosamente tra loro. Allora le ho chiesto: "Giulia (nome di fantasia), cosa stanno facendo quei due?"
Nessuna risposta.
"Vieni qui vicino a me" le ho detto. Cercavo di facilitarla perchè parla molto poco e a voce bassissima.
"Dillo qui a me, cosa fanno i tuoi compagni? Bisticciano?"
Lei mi ha guardata, forse non capiva. Le ho sorriso per incoraggiarla, era evidente che non sapeva cosa fare...
All'improvviso mi ha abbracciata.
Probabilmente ha interpretato la mia richiesta di avvicinarsi come una richiesta di affetto.
Sono rimasta spiazzata. A quel punto ero io, quella senza parole...
Ho cambiato domanda: "Sono simpatici i tuoi compagni?"
Mi ha risposto di si.
"Vai pure al posto, cara" le ho detto...
Mi ha dato da pensare questo episodio. Forse ho molto più bisogno di abbracci di quanto io non ammetta...
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Avvertenze: questa è una delle lezioni che impartisco ai ragazzi di terza media, quindi, per essere una lezione di storia dell’arte è sicuramente molto sintetica… per essere un post su un blog, invece, la troverete magari lunga e noiosa. Il testo in parte è mio, in parte è una sintesi presa da diversi libri (sono tanti e non ricordo nemmeno quali siano, perciò non li citerò), mentre l’impostazione della lezione e i grafici per la lettura dell’immagine sono frutto del mio lavoro.
LETTURA DELL’IMMAGINE
Autore: Claude Monet
Titolo: La Grenouillère
Anno: 1869
Tecnica: olio su tela
Dimensioni: 74,6 x 99,7 cm
Collocazione: New York, Metropolitan Museum of Art
Soggetto: paesaggio
Notizie sul movimento artistico di appartenenza: l’Impressionismo
Il 15 aprile 1874 si apriva a Parigi una mostra organizzata da un gruppo di giovani artisti che si opponevano all’arte ufficiale; è la data di nascita dell’Impressionismo.
Facevano parte del gruppo: Claude Monet, Pierre-Auguste Renoir, Edgar Degas. Frequentavano inoltre il gruppo anche Paul Cézanne e il fotografo Nadar.
L’Impressionismo è il primo movimento dell’arte moderna. All’inizio esso non ebbe molto successo: il termine “Impressionismo” fu usato in senso spregiativo da un critico d’arte; i quadri sembravano solo abbozzi in attesa di essere finiti.
LA PITTURA EN PLEIN AIR (all’aria aperta)
L’interesse principale degli Impressionisti è lo studio dei COLORI e della LUCE, che cambiano continuamente a seconda dell’ora del giorno, della stagione e del punto di vista.
Per questo motivo i quadri devono essere dipinti con una tecnica veloce, a piccoli tocchi di colore, che, osservati ad una certa distanza, suggeriscono il movimento e la vibrazione dell’atmosfera.
Lo stesso tema può essere dipinto da più pittori e il risultato non sarà mai lo stesso, perché ciascuno ha il suo mondo interiore e vede la realtà in modo differente. Spesso gli Impressionisti dipingevano fianco a fianco lo stesso soggetto per poi discutere il risultato ottenuto.
L’uso della fotografia
La conoscenza e l’uso della fotografia suggeriscono agli Impressionisti inquadrature rivoluzionarie: in particolare Degas, usava “tagliare” le figure per dare un’impressione di aver colto, come fa la fotografia, un breve istante, un attimo di vita. Tagliando le figure al margine del dipinto, Degas intende far capire che la scena sta cambiando.
Questo procedimento è particolarmente indicato per esprimere la rapidità e la varietà di movimenti nei quadri che il pittore ha dedicato al mondo dei balletti e del teatro.
Notizie sull’autore: CLAUDE MONET
(1840 – 1926) L’artista che portò avanti per tutta la vita le ricerche degli Impressionisti sulla luce e sul colore fu Claude Monet. Per studiare le variazioni della luce nelle diverse ore del giorno egli sceglieva un soggetto (ad esempio la serie dei “Pioppi” o dei “Pagliai”) che dipingeva più e più volte in diverse condizioni atmosferiche e di luce. Alla cattedrale di Rouen, Monet dedicò cinquanta dipinti, compiuti nel 1894. In queste opere la facciata della cattedrale, che occupa tutto il dipinto, cambia secondo il tempo, l’atmosfera, l’ora in cui l’artista la dipinge.
La serie delle ninfee
Nel 1883, Monet si trasferisce a Giverny, ed elabora il giardino della sua casa in modo da avere una fioritura tutto l’anno. Realizza anche un giardino d’acqua in stile giapponese con molte piante acquatiche, tra le quali le ninfee, un fiore molto di moda in quell’epoca, frequente anche nelle stampe giapponesi. Le ninfee diventarono il soggetto preferito di Monet, che ne fece innumerevoli varianti, rappresentando soprattutto il gioco della luce riflessa sulla superficie dell’acqua.
ANALISI DELL’OPERA
COSA raffigura l’immagine? Elenca e descrivi tutti gli elementi che la costituiscono.
“La Grenouillère” era un famoso ristorante sulla Senna, dipinto più volte dagli Impressionisti, che avevano l’occasione di studiare i riflessi degli alberi, delle barche e delle persone nelle acque del fiume (esistono infatti altri quadri sia di Monet che di Renoir che ritraggono lo stesso soggetto). Al centro dell’immagine si vede un isolotto collegato, tramite delle passerelle, alla riva del fiume e ad un barcone. Sull’isolotto, all’ombra di un albero, sostano alcune persone che sembrano conversare tra loro. Anche sul barcone, coperto da una tettoia, c’è della gente. In primo piano, ai bordi del quadro, vi sono delle barche ormeggiate. Sulla riva opposta del fiume si vede un filare di alberi. L’acqua riflette la luce e i colori autunnali del paesaggio.
COME è stato raffigurato il soggetto? Come sono stati stesi i colori? Quale tipo di composizione ha usato l’autore?
A causa dell’interesse di Monet per i riflessi sull’acqua, la linea dell’orizzonte è posta molto in alto, in questo modo il fiume diventa il vero protagonista dell’opera. Monet ha dipinto l’acqua con pennellate piccole e veloci, i contorni degli oggetti non sono ben definiti. La linea verticale formata dall’albero e dal suo riflesso, “taglia” l’immagine in 2 parti di diverse dimensioni: questa composizione asimmetrica contribuisce a dare all’opera un senso di movimento (schema 1).
Le barche e il battello - ristorante sono tagliati dalla cornice, come in una fotografia, suggerendo allo spettatore l’idea che lo spazio continui oltre il limite del quadro. Le inquadrature “fotografiche” sono molto utilizzate dagli Impressionisti (schema 2).
PERCHÉ l’immagine è stata realizzata in quel modo? Spiega cosa ha voluto esprimere l’autore e qual è la funzione dell’opera.
A Monet interessava rendere l’idea del movimento e del cambiamento della luce e dei colori; il quadro ha una funzione descrittiva, in quanto i colori sono osservati dal vero (EN PLEIN AIR).
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Non ho avuto il coraggio, la forza, la capacità di scrivere qualcosa su questa storia, come invece ha fatto Erica, con molta delicatezza, sul suo blog, e chissà quanti altri... Mi servo delle parole di chi lotta contro la pedofilia da anni, il sig. Graziano Guerra, del quale altre volte ho pubblicato gli scritti.
Io forse lo troverò il momento per scrivere il mio personale pensiero su tutto questo... ma ho bisogno di tempo, ancora. Non ci riesco in questo momento, mentre ancora tutti i riflettori sono accesi, mentre tutti ne parlano, qualcuno a sproposito, anche... ho bisogno di rifletterci bene, non dico di digerire la cosa, chè non ci riuscirò mai... ma di maturare le parole giuste per esprimere quello che sento. Intanto vi invito a leggere questa lettera:Sarah: quanti i mostri che vivono accanto a noi
Paradossalmente, la trasmissione di una notizia sulla violenza inflitta a una ragazzina, se non induce ad interrogarsi, a ricercare, se non ferisce l'interlocutore con l'ansia di una domanda, rischia di trasformarsi in un messaggio quasi rassicurante, induce lo spettatore, il cittadino del villaggio globale, il lettore a ritenere che quella bambina uccisa è la sfortunata e unica vittima di un raro caso di folle violenza oltre il quale
e al di là del quale esiste una popolazione di bambini sufficientemente felici e protetti.
In verità tutti i giorni avvengono violenze inaudite sull'infanzia e buona parte di queste si consumano tra le mura domestiche, ma c'è un sordo rifiuto a considerare la sofferenza infantile sotto l'aspetto di un problema sociale esteso, grave e radicato nella nostra cultura disattenta ai problemi dei più piccoli e fortemente adultocentrica. Mancano strutture di sostegno alle famiglie, sono assenti figure di riferimento per un valido aiuto in situazioni di bisogno.
Le nostre testimonianze di violenze subite, che sono diverse centinaia, evidenziano che solo l’uno per cento delle violenze viene denunciato e dimostrano l’assoluta inadeguatezza delle strutture di ascolto e di sostegno ai minori. Quasi tutte le vittime da noi incontrate ci hanno dichiarato di non avere mai parlato con i loro genitori delle violenze subite e che, quando accaduto, nella maggioranza dei casi o non sono state
credute o sono state “convinte” a tacere.
Quasi sempre qualche adulto sa, chi è vicino all'abusante o alla vittima ma sa molto tempo prima che accada l'irreparabile. Ma a noi fa comodo pensare che sia il gesto di un mostro, di un folle, piuttosto che acquisire la consapevolezza che esseri umani simili vivono accanto a noi e sono, purtroppo numerosi.
Che dire poi della certezza della pena, mera chimera, istanze di giustizia disattese nella stragrande maggioranza dei casi quando tra patteggiamenti, riti abbreviati, benefici vari anche chi commette brutali crimini come quello subito da Sara non sconterà mai un’adeguata carcerazione.
Che giustizia è mai questa? Le vittime ed i loro famigliari chiedono un processo giusto, una pena equa, commisurata alla gravità del fatto. La nostra politica invece si preoccupa solo del fatto che il processo sia breve mentre occorrerebe preoccuparsi che
fosse "giusto". Non ci sarà mai pace per chi piange le vittime della furia caina dell’uomo senza giustizia, ma anche questo è un dovere al quale spesso gli adulti abdicano.
Che tutela hanno questi minori se gli adulti che dovrebbero proteggerli sono questi?
Già gli adulti, nella politica, nelle famiglie, nella chiesa, coloro i quali avrebbero la re-sponsabilità di tutelare i minori, ovvero sia dall’etimologia del termine “saper rispondere”. E che cosa sappiamo noi rispondere alle richieste d’aiuto che giungono dal silenzio dell’innocenza?
1) I politici si affrettano a dichiarare che esistono i consultori, che dai nostri sondaggi si rivelano assolutamente inutili per come sono strutturati;
2) i genitori vivono nel limbo dell’illusione che tanto ai loro figli mai accadranno cose simili, mentre dalle nostre ricerche si evidenziano violenze sessuali subite dal 17% dei nostri ragazzi;
3) la chiesa, nonostante la nobile e grandiosa operazione del Papa e le sue direttive a contrasto della violenza sui minori, pensa di risolvere il problema firmando pragmatici protocolli di intesa.
Questo succede in Italia, oggi, adesso, e allora che senso dare alla lacerante morte di Sara se non avere il coraggio di aprire gli occhi e preoccuparsi davvero con generosità del mondo dei piccoli in difficoltà? Che senso diamo a quest'onda emotiva se non la utilizziamo per un impegno personale a favore dei bambini?
Il resto, tutto il resto sono chiacchiere, grande fratello, volgare curiosità.
Forse queste brutte storie accadono nel tentativo di scuotere le coscienze di tutti noi adulti, con l’intento di svegliare le nostre coscienze assopite, stordite, anestetizzate dallo scandaletto di turno, inebetiti dalla litigiosità politica che altro non fa che “non fare”, mentre l’infanzia continua a gridare nel silenzio dell’indifferenza. Ma forse il
vero problema siamo un po’ tutto noi che alla fine dei conti alla politica chiediamo ben altro e quindi, si sa, la politica risponde agli elettori ed è altrettanto certo che i bambini non votano e non creano consensi.
Graziano Guerra
Presidente S.o.s. Infanzia Onlus
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Stasera sono qui, tra Internet e il forno da controllare, dove il pane si sta abbrustolendo. Ancora basta il forno acceso per riscaldare la casa.
Fuori la notte è limpida, ma con un velo di umidità.
Samhain, la festa dei Morti, si avvicina. Da noi la chiamavamo Ognissanti, prima che venisse rimpiazzata con l’anglosassone Halloween e mercificata, come tutte le feste importanti, da Natale a Pasqua.
Una cosa che mi è sempre suonata strana è questo martellare che Halloween sarebbe una festa di “importazione”, quando invece mia madre mi faceva intagliare le zucche fin da bambina, e mi raccontava che da piccola lo faceva anche lei. Com’è possibile che, in una zona rurale del Veneto, senza il martellamento dei mass media che abbiamo adesso, oltre 50 anni fa ci fosse questa tradizione? Forse stasera ho trovato una risposta leggendo un articolo in questo sito internet: è un po’ lungo ma molto interessante, specie là dove parla delle tradizioni regionali in Italia della Notte dei Morti.
Quante tradizioni ci siamo persi in questi anni? Chissà…
Quello che è certo è che io, in questo periodo dell’anno mi sento strana… “sento” l’avvicinarsi della festa (che nella mia zona coincide con l’arrivo di una importante fiera locale) con impazienza, come altri aspettano magari il Natale o il Capodanno. Per darvi un’idea, mi sembra di essere come gli scoiattoli che si affrettano a raccogliere provviste e a preparare la tana in vista dell’inverno. Sono irrequieta, allegra, preparo minestre con la zucca e crostini… sistemo i vasi sul balcone… alcune piante le terrò, altre le toglierò, qualcuna supererà l’inverno, altre no…
Tempo di cambiamenti, profumo di funghi e foglie morte nell’aria. Vorrei avere più tempo per uscire e camminare nei boschi. Vorrei avere più calma per celebrare questo capodanno pagano davanti a tazze fumanti di tisane e biscotti alla cannella, intorno a un tavolo a chiacchierare con le mie amiche più “streghe”… e chissà, magari quest’anno il tempo me lo prendo…
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“Comunque sia, una cosa è certa: non posso curarmi punendo quelli che non posso guarire. Forse devo ripensare a tutta la storia dell’incendio e del suicidio. Tra l’altro devo proprio ammetterlo: non ho più tanta voglia di morire, ho voglia di rivedere madame Michel, Karuro e Yoko, la sua nipotina così imprevedibile, e chiedere aiuto a loro. Beh, certo, non mi presenterò dicendo: please, help me, sono una bambina con tendenze suicide. Al contrario, ho voglia di lasciare che siano gli altri a farmi del bene: dopotutto sono solo una bambina infelice, e anche se sono estremamente intelligente fa lo stesso, no? Una bambina che nel momento peggiore ha avuto la fortuna di fare degli incontri felici. E poi, moralmente, che diritto ho di lasciar passare tutta questa fortuna?
Boh. Non ne ho idea. In fin dei conti questa storia è una tragedia. Ci sono persone valorose, meglio così! Avevo pensato, ma poi che tristezza! Finiscono sotto la pioggia! Non so più cosa pensare. Per un momento credevo di aver trovato la mia vocazione; credevo di aver capito che per curarmi dovevo curare gli altri, solo quelli “curabili” però, quelli che possono essere salvati, invece di tormentarmi perché non riesco a salvare il prossimo. Allora cos’è, dovrei fare il medico? Oppure la scrittrice? In fondo è un po’ la stessa cosa, no?”
Muriel Barbery, L’eleganza del riccio
(traduzione dal francese di Emanuelle Caillat e Cinzia Poli)
Edizioni e/o
Amo molto questo libro, e questa pagina in particolare. Curare se stessi prendendosi cura gli uni degli altri... forse è l'unica soluzione possibile.
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