domenica 22 aprile 2012

L'uomo che piantava gli alberi

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Questo video è talmente bello che non ho resistito alla tentazione di pubblicarlo anche qui.


"Se si teneva a mente che era tutto scaturito dalle mani e dall'anima di quell'uomo, senza mezzi tecnici, si comprendeva come gli uomini potrebbero essere altrettanto efficaci di Dio in altri campi oltre alla distruzione."

Il racconto è dello scrittore francese Jean Giono, ma il valore aggiunto sono le immagini... l'animazione è semplicemente meravigliosa.
Infatti il film di animazione di Frédérick Back è stato vincitore del premio Oscar per il miglior cortometraggio d'animazione nel 1988.


mercoledì 18 aprile 2012

The love song of J. Alfred Prufrock (parte V) - ripubblicazioni

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C'è una persona che conosco da molto tempo, è una donna che ne ha passate tante, una donna che ha dei pregi non molto evidenti, e alcuni difetti ben visibili... ed oggi eravamo insieme, in un posto decisamente poco allegro, in una situazione difficile. 
E lei rideva.
Ha sempre fatto così. Ha affrontato lutti, malattie, disgrazie, maldicenze e dispiaceri di ogni tipo. L'ho vista ansiosa, nervosa, l'ho vista piangere tante volte.
Ma non ha mai perso l'ironia, il piacere alla battuta e allo scherzo, e la sua prorompente risata.
Una risata che è una barriera, me ne rendo conto, una difesa... ma anche la sua maniera di reagire ad una vita che ha tentato in mille modi di trafiggerla, di inchiodarla al muro, e che ancora ci prova, ogni santo giorno.
Oggi eravamo lì, in un reparto d'ospedale che fa venire in mente di tutto tranne che di ridere. E lei rideva, e ho riso anch'io. No, noi non sorseggiamo la nostra vita a cucchiaini da caffè. Non è davvero il nostro stile.
Ripubblico la V parte delle mie riflessioni su "The love song of J. Alfred Prufrock", e forse leggendola penserete che le risate di mia zia non c'entrino nulla con tutto questo. Ma invece c'entrano. Ognuno ha una maniera diversa per non farsi trafiggere, auguro a ciascuno di voi di trovare la propria.

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For I have known them all already, known them all:
Have known the evenings, mornings, afternoons,
I have measured out my life with coffee spoons;
I know the voices dying with a dying fall
Beneath the music from a farther room.
So how should I presume?

And I have known the eyes already, known them all--
The eyes that fix you in a formulated phrase,
And when I am formulated, sprawling on a pin,
When I am pinned and wriggling on the wall,
Then how should I begin
To spit out all the butt-ends of my days and ways?
And how should I presume?


Perché già tutte le ho conosciute, conosciute tutte: -
Ho conosciuto le sere, le mattine, i pomeriggi,
Ho misurato la mia vita con cucchiaini da caffè;
Conosco le voci che muoiono con un morente declino
Sotto la musica giunta da una stanza più lontana.
Così, come potrei rischiare?

E ho conosciuto tutti gli occhi, conosciuti tutti -
Gli occhi che ti fissano in una frase formulata,
E quando sono formulato, appuntato a uno spillo,
Quando sono trafitto da uno spillo e mi dibatto sul muro
Come potrei allora cominciare
A sputar fuori tutti i mozziconi dei miei giorni e delle mie abitudini?
Come potrei rischiare?


Quando a scuola ti fanno studiare le poesie, gli insegnanti si dimenticano di dirti che la poesia ha un potere, recondito, nascosto. Il potere di portarti “di là”, di svelare le cose sepolte in profondità, di mostrare la realtà in un modo diverso, ma vero, a volte più vero di quello che abbiamo tutti i giorni davanti al naso.
È lo stesso potere delle fiabe, dei quadri dei grandi pittori, dell’Arte più in generale.
Ma se tu vuoi vedere con gli occhi della Poesia, se vuoi sentire con le sue orecchie, non devi perderti nelle note a piè di pagina delle antologie. Non devi fissarti nei numeri e nelle date della vita degli autori, nei riassunti e nelle parafrasi. Perché quelli sono strumenti, mezzi, non il fine. Il fine è la Poesia stessa, e il suo messaggio non si può imparare a memoria.


È come trafiggere la farfalla sullo spillo…
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domenica 15 aprile 2012

Fantasticheria

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immagine dal web
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Quando eri innamorato volevi condividere ogni cosa con me: sognavi di portarmi a Londra, ai concerti, a fare lunghe passeggiate in montagna.

Volevi farmi partecipe di ogni momento della tua vita: del tuo lavoro, delle tue preoccupazioni, dei tuoi ricordi.


Poi venne il giorno che ero all’ospedale (e quel giorno ti avevo aspettato tutto il giorno) e quando alla fine arrivasti, presso il letto, con quel tuo sguardo insicuro e sperduto, il tuo sorriso era triste e non mi hai preso per mano.

Così quel giorno ho capito che non era con te che avrei viaggiato sulla strada della vita, e che c’è una bella differenza tra un sogno e una fantasticheria.



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venerdì 13 aprile 2012

The difficult women

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E questa è la traduzione in inglese di Francesca Stimolo
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Difficult ones are the women who have more love to give, but do not give it to anyone.
Those who speak, when they have something to say.
Those who have learned to protect themselves and protect.
Those who demand more.
Women are difficult, those who know how to distinguish the smiles of the people, the good ones than not.
Those who will study well, first to open your heart.
Those who never tire of looking for someone who's worth it.
Those that are worth.
Women are difficult, those who can feel the pain of others.
Those with the soul close to the skin.
Those who see a thousand eyes hidden.
Those who dream in color.
They are women who know how hard upon one another.
Are those that, when life has no taste, adds flavor to life.

Mara Bagatella
(Traduzione Francesca Stimolo)
Licenza Creative Commons
Questa opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

Las mujeres difíciles

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Una persona su Facebook mi ha scritto regalandomi questa traduzione de "Le donne difficili" in spagnolo... sono rimasta stupefatta, mi ha fatto un piacere immenso. Un'altra ancora ha scritto la traduzione in inglese, che posterò al più presto. Con mille mille grazie!
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“Son las mujeres difíciles las que tienen más amor para dar, pero no lo dan a cualquiera.
Aquellas que hablan cuando tienen algo que decir.
Aquellas que han aprendido a protegerse y a proteger.
Aquellas que no se pueden conformar.
Son las mujeres difíciles, aquellas que saben distinguir las sonrisas de las personas, las buenas y las que no lo son.
Aquellas que te estudian bien antes de abrirte el corazón.
Aquellas que nunca se cansan de buscar a alguien que valga la pena.
Aquellas que valen la pena.
Son las mujeres difíciles, aquellas que saben sentir el dolor de los demás.
Aquellas cuya alma toca su piel.
Aquellas que ven con mil ojos escondidos.
Aquellas que sueñan a colores.
Son las mujeres difíciles las que saben reconocerse entre ellas.
Son aquellas que, cuando la vida ha perdido el sabor, le dan sabor a la vida.”


(Mara Bagatella)

(traduzione di Bruna Stornaiolo)
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Licenza Creative Commons
Questa opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

martedì 10 aprile 2012

APRILE

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Mi piace quando i pensieri rimbalzano da una testa all'altra, mentre si dialoga, un po' come una pallina durante una partita di ping pong.
Enzo, un amico blogger, mi ha ricordato un'altra opera di T. S. Eliot qualche giorno fa, "La terra desolata". L'ho studiata molto tempo fa e non la ricordo molto bene. Ho ritrovato il libro su in mansarda, con gli appunti a matita e gli scarabocchi fatti durante le lezioni di letteratura all'Accademia. Il docente era Roberto Sanesi, grande traduttore non solo di Eliot ma anche di molti altri poeti inglesi. Io me lo ricordo come un signore anziano affascinante, le cui lezioni erano molto seguite, e che tuttavia scoraggiava gli studenti a dare l'esame, perchè eccentrico e imprevedibile.
"La terra desolata" si apre con dei versi celebri, che parlano del mese di Aprile, "il più crudele dei mesi".
"Aprile è il più crudele dei mesi, genera
lillà da terra morta, confondendo
memoria e desiderio, risvegliando
le radici sopite con la pioggia della primavera."
Thomas Stearns Eliot, La terra desolata (I. La sepoltura dei morti)


Quando Enzo l'ha citata, però, a me non sono tornati in mente i versi di Eliot, bensì questo testo dei Deep Purple:


April is a cruel time
Even though the sun may shine
And world looks in the shade as it slowly comes away
Still falls the April rain
And the valley's filled with pain
And you can't tell me quite why
As i look up to the grey sky
Where it should be blue
Grey sky where I should see you
Ask why, why it should be so
I'll cry, say that I don't know

Maybe once in a while I'll forget and I'll smile
But then the feeling comes again of an April without end
Of an April lonely as they come
In the dark of my mind I can see all too fine
But there is nothing to be done when I just can't feel the sun
And the springtime's the season of the night

Grey sky where it should be blue
Grey sky where I should see you
Ask why, why it should be so
I'll cry, say that I don't know
I don't know
(Deep Purple - April - 1969)


Purtroppo non posso postare direttamente il video, quindi vi lascio il link .
Se non avete mai ascoltato questo brano fatelo, perchè è bellissimo... non avevo mai collegato i Deep Purple a Eliot, e mai l'avrei fatto senza la pallina di rimbalzo di Enzo...
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The love song of J. Alfred Prufrock (parte IV) - ripubblicazioni -

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Fino a quando si rimane sui binari delle regole, delle consuetudini, delle abitudini, la vita scorre regolare, e anche quando succede qualcosa  di negativo puoi sempre dire: non è stata colpa mia.
Ma arriva il momento in cui, se vuoi andare avanti, devi per forza cambiare il tuo modo di vedere le cose. Se vuoi trovare delle soluzioni nuove devi per forza abbandonare il vecchio modo di pensare.
E conviene farlo subito, prima che manchi il coraggio… o prima che la vita decida che, per te, non ci sia più tempo. Quanto sia difficile e spaesante* non potete saperlo finché non ci provate davvero…
Ripubblico la IV parte di “The love song of J. Alfred Prufrock” con relativo commento scritto nel maggio 2009. Buona lettura.


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And indeed there will be time
To wonder, "Do I dare?" and, "Do I dare?"
Time to turn back and descend the stair,
With a bald spot in the middle of my hair--
(They will say: 'How his hair is growing thin!")
My morning coat, my collar mounting firmly to the chin,
My necktie rich and modest, but asserted by a simple pin--
(They will say: "But how his arms and legs are thin!")
Do I dare
Disturb the universe?
In a minute there is time
For decisions and revisions which a minute will reverse.


E di sicuro ci sarà tempo
Di chiedere, « Posso osare? » e, « Posso osare? »
Tempo di volgere il capo e scendere la scala,
Con una zona calva in mezzo ai miei capelli -
(Diranno: « Come diventano radi i suoi capelli! »)
Con il mio abito per la mattina, con il colletto solido che arriva fino al mento,
Con la cravatta ricca e modesta, ma asserita da un semplice spillo -
(Diranno: « Come gli sono diventate sottili le gambe e le braccia!»)
Oserò
Turbare l'universo?
In un attimo solo c'è tempo
Per decisioni e revisioni che un attimo solo invertirà.




Osare è una delle cose che tutto sommato mi riescono. La verità è che sono molto più timida di quanto sembri, tuttavia ci sono dei momenti in cui forzo me stessa e mi lancio in avventure di cui magari poi mi pento… eppure ho sempre pensato che mi pentirei molto di più a non provarci.
Mi sono chiesta molte volte se Prufrock e Eliot siano o no la stessa persona, se il poeta fosse davvero una persona tanto indecisa e paurosa oppure se sia riuscito a calarsi tanto bene nei panni di un uomo qualunque grazie all’arte e all’immaginazione. Certi stati d’animo sono così universalmente umani… tutti arrivano a comprenderli perché tutti li proviamo, prima o poi. È capitato a tutti di prendere solenni decisioni per poi smentirsi un attimo dopo. Ed è capitato di sentirsi osservati e fuori luogo, nonostante i tentativi di assumere un aspetto adeguato alle circostanze. Mi ricordo del primo ricevimento genitori che feci da insegnante: misi la giacca e la camicetta, abiti eleganti che mi stavano malissimo, per cercare di camuffare il mio aspetto da bambina. Ho sempre dimostrato un’età inferiore a quella che in effetti ho, ma nei miei primi anni di insegnamento, questa cosa assumeva dei contorni surreali: ho delle foto in cui non mi si distingue dai miei allievi tredicenni, e ciò mi creava non pochi problemi nella gestione della classe e nei rapporti con i genitori.


L’idea di dover invecchiare, ti sfiora soltanto, fino ad una certa età. Poi cominci a pensarci, e magari la cosa ti angoscia. Per me, che fino all’altro giorno avevo l’aspetto esteriore di una ragazzina, è stato come sbattere il naso su un muro all’improvviso.


Però mi ha svegliata…


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* la parola "spaesante" non esiste, o perlomeno nel mio Zingarelli non c'è. Però mi piace e quindi ho deciso di lasciarla. Declinando il verbo "osare".
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venerdì 6 aprile 2012

Venerdì santo (Deserti dell'anima)

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Nei campiscuola parrocchiali c'è un'attività che si chiama "deserto". Si tratta di passare una mezza giornata "da soli", anche se si è in tanti: ognuno è invitato a trovarsi un angolo ad una distanza ragionevole dagli altri e passare un po' di tempo in silenzio, a pensare. Io ho fatto alcuni campiscuola da animatrice e, un paio di volte, da capocampo. L'attività del "deserto" mi piaceva moltissimo, anche perchè mi permetteva di pensare un po' a me stessa dopo giorni intensissimi trascorsi a concentrarmi sulle esigenze altrui, a stretto contatto con decine di preadolescenti molto ma molto impegnativi.
Fare "deserto" costringe a lasciar calmare le acque dentro di sè, e ciò aiuta a rendere più limpidi i pensieri.
Non è precisamente come la meditazione di tipo orientale, che è sicuramente molto più seria e impegnativa, ma ci si avvicina (almeno nelle intenzioni).
In realtà, fare "deserto" in un caposcuola per ragazzini delle scuole medie è difficilissimo. In generale la gente ha paura del silenzio, si sente a disagio quando si ritrova sola con se stessa, e questo è ancora più vero per i preadolescenti. Dopo 10 minuti i più irrequieti cominciavano i primi tentativi di avvicinarsi agli altri per chiacchierare, o si dirigevano dall'animatore preferito con una scusa qualsiasi... e addio silenzio e meditazione.

Mi sono tornati in mente oggi i "deserti" forse perchè è Venerdì Santo, la giornata del silenzio nella tradizione cristiana. Una giornata da dedicare alla propria interiorità, la giornata giusta per lasciar morire in se stessi le idee vecchie, i pregiudizi, le paure, tutto ciò che è zavorra per l'anima.
Per iniziare un nuovo viaggio occorre stare leggeri, tenere solo l'indispensabile.
Così è per la vita: occorre lasciar morire qualcosa per avere in cambio una rinascita. Ai miei amici ho mandato gli auguri di Buona Pasqua con un video che ho realizzato con alcuni dei miei quadri e illustrazioni e che si intitola "Deserti dell'anima". Lascio lo stesso video e lo stesso messaggio anche ai miei lettori del blog, con i più affettuosi auguri di Buona Pasqua.
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"A volte basta un passo
per fare un intero viaggio
se vedi dove sta
la linea di confine"
(Mara Bagatella - 18 aprile 2010)
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Licenza Creative Commons
Questa opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

mercoledì 4 aprile 2012

intervista con me stessa (11)

Foto: Mara Bagatella
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Dalle mie parti nessuno porta cappelli di paglia, tranne qualche anziano contadino sul trattore. Girare per strada sotto il sole con un cappello di paglia in testa è imbarazzante, la gente si volta a guardarti con le espressioni più diverse dipinte sul viso.
 

Tuttavia, a me il sole sulla testa dà troppo fastidio… preferisco imbarazzarmi che togliermi il cappello.
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lunedì 2 aprile 2012

MANIFESTI DI PROPAGANDA (1941 – il piano quadriennale di Hitler)

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LETTURA DI UN’IMMAGINE: IL MANIFESTO DI PROPAGANDA

Questa esercitazione di lettura dell’immagine è stata da me realizzata come lezione per ragazzi di III media (Scuola Secondaria di I grado) prendendo spunto da alcune immagini tratte dall’Enciclopedia “I grandi pittori” dell’Istituto Geografico De Agostini (1998). Nel corso degli anni è stata più volte modificata e ampliata, con l’aggiunta recente di alcuni grafici per la comprensione della composizione delle immagini. La sua pubblicazione su Internet permette inoltre l’aggiunta di link ad alcuni siti per ulteriori approfondimenti.
Essa ha l’obiettivo di far capire agli alunni i meccanismi psicologici utilizzati dalla propaganda per convincere le persone a comportarsi in un determinato modo o a prendere determinate decisioni.
È un esempio di come due discipline come Arte e Immagine e Storia siano strettamente collegate.

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1941 – il piano quadriennale di Hitler
questo manifesto di propaganda nazista del 1941 è una celebrazione e un ricordo del piano quadriennale varato da Hitler nel 1936 e affidato al ministro Hermann Goering. Il nuovo e ambizioso programma proposto da Hitler prevedeva un piano economico basato sul potenziamento dell’industria bellica e sul raggiungimento dell’autosufficienza in tutti gli altri settori.

ANALISI DELL’IMMAGINE
Da un punto di vista grafico, l’immagine si basa su uno schema formato da linee diagonali che si intersecano, creando un effetto di dinamismo, ma anche, allo stesso tempo, di equilibrio visivo.
 

Schema  n° 1 - linee compositive diagonali
Le diagonali più evidenti sono quelle formate dagli aerei in volo e dai cannoni puntati, che danno una forte impressione di movimento in avanti: un’impressione che si sposa benissimo con l’intento del manifesto, che è quella di infondere in chi lo guarda un senso di esaltazione, di fiducia nel progresso e nella forza della propria nazione.
 







Schema n° 2 - diagonali e colori
In senso opposto abbiamo le diagonali formate dai colori dello sfondo, (che non a caso sono gli stessi della bandiera tedesca) rafforzate dalle nuvole e dal fumo che esce dalle ciminiere delle fabbriche. Queste altre diagonali creano con le precedenti un equilibrio compositivo che dà all’immagine un senso generale di stabilità.
Il testo che compare nel manifesto “Der Vierahresplan” è allo stesso tempo titolo e slogan. I caratteri usati sono quelli gotici e, assieme ai colori dell’immagine, suggeriscono un forte sentimento di nazionalismo e appartenenza alla Nazione tedesca.
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